Negli ultimi mesi, l’influenza aviaria è tornata alla ribalta a causa di alcuni casi di contagio in vacche da latte negli Stati Uniti. In provincia di Padova, un allevatore ha perso circa quattromila animali a seguito di abbattimenti preventivi dovuti alla presenza di focolai nel suo paese.
L’influenza aviaria è una malattia virale che colpisce principalmente gli uccelli selvatici, ma è altamente letale per polli, anatre, tacchini e altri animali da cortile. Le norme sanitarie prevedono l’istituzione di una zona di protezione di almeno 3 chilometri intorno al focolaio e una zona di sorveglianza di almeno 10 chilometri. In aree ad alta densità di allevamenti avicoli, le autorità possono ordinare l’abbattimento preventivo anche di animali non risultati positivi ai test.
Negli ultimi venti anni, la presenza del virus ad alta patogenicità negli uccelli selvatici migratori ha portato alla diffusione globale del virus. La contaminazione può avvenire attraverso il contatto diretto con esemplari infetti o indiretto, tramite deiezioni degli uccelli selvatici o acqua contaminata. In altri casi, il virus può essere portato negli allevamenti dall’uomo attraverso personale, veterinari, tecnici aziendali, familiari, veicoli e attrezzature.
La biosicurezza è essenziale per ridurre il rischio di contagio e diffusione. Include misure strutturali come reti antipassero e barriere che impediscono l’accesso agli spazi dove si trovano gli animali senza prima aver indossato calzature specifiche, oltre all’attenzione umana nella gestione degli accessi negli allevamenti e nell’uso di abbigliamento e attrezzature adeguate. In aree con alte densità di allevamenti avicoli, la diffusione dell’infezione può essere molto rapida se non opportunamente controllata.
La rapida diffusione del contagio negli allevamenti industriali aumenta il rischio di trasmissione e di necessità di abbattimenti su larga scala. Nel 2022, sono morti o sono stati abbattuti 131 milioni di esemplari di pollame domestico in 67 Paesi, e l’anno successivo altri 14 Paesi hanno segnalato focolai. Negli ultimi mesi, casi di influenza aviaria sono stati riscontrati anche in diversi mammiferi, con notizie di una vittima umana.
Gli allevamenti free range e rurali sono considerati più a rischio a causa dell’esposizione all’ambiente esterno, ma l’isolamento di questi contesti è più semplice e l’impatto economico è ridotto. Tuttavia, il rischio epidemiologico in questi allevamenti è contenuto rispetto a quello degli allevamenti industriali.
Il settore produttivo avicolo in Italia è fortemente concentrato in alcune regioni, rendendo evidente la necessità di cambiare un sistema alimentare che vede un consumo eccessivo di carni a basso costo provenienti da allevamenti industriali.
Ridurre il consumo di carne e tutelare gli allevamenti estensivi è parte della soluzione, poiché la biosicurezza è applicabile anche in questi sistemi e l’impatto dell’influenza aviaria è minore rispetto agli allevamenti intensivi.