Le condanne per un totale di 53 anni nei confronti degli otto imputati sono definitive. Il processo Alba pontina, svoltosi presso la Corte di Cassazione – sesta sezione, ha concluso con condanne ai membri del clan Di Silvio, associati al gruppo capeggiato da Armando Di Silvio detto «Lallà». L’accusa principale riguardava l’associazione per delinquere con l’aggravante del metodo mafioso, oltre a reati di spaccio, estorsione, violenza privata, e intestazione fittizia di beni.
Le condanne includono: 20 anni per Armando «Lallà» Di Silvio, ritenuto il leader del gruppo di Campo Boario; 13 anni e 4 mesi per sua moglie Sabina De Rosa, che dovrà scontarne 10; 5 anni per Angela Di Silvio; 1 anno e nove mesi per Giulia Di Silvio; 2 anni e nove mesi per Francesca De Rosa; 3 anni e quattro mesi per Federico Arcieri; 4 anni per Genoveffa Di Silvio; e 2 anni per Tiziano Cesari.
I ricorsi presentati dagli avvocati difensori degli imputati sono stati respinti dalla Corte di Cassazione. Anche nel procedimento parallelo per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato, la sentenza è diventata definitiva.
Nel luglio 2021, il Collegio Penale presieduto aveva emesso la sentenza. Nell’ottobre 2023, la Corte d’Appello aveva confermato la decisione con lievi riduzioni per alcuni imputati. Una volta depositate le motivazioni, le difese avevano presentato il ricorso e la Suprema Corte si è pronunciata.
Le parti civili, il Comune di Latina, la Regione Lazio e l’Associazione Caponnetto, hanno ottenuto un risarcimento di 40, 30, e 10 mila euro rispettivamente. La Cassazione ha confermato che il clan costituisce un’associazione di tipo mafioso, utilizzando la propria fama criminale per compiere attività illecite e sfruttando l’intimidazione derivante dalla forza del gruppo.