La crisi di Stellantis, sommata all’immobilismo istituzionale, alla mancanza di un progetto vero di rilancio del gruppo automobilistico, sta producendo i suoi primi, nefasti, risultati.
La Fionda di Frosinone è la prima azienda in Italia dell’indotto Stellantis ad annunciare il licenziamento di un terzo dei 93 dipendenti.
Un fulmine di sicuro non a ciel sereno. Da mesi Stellantis ha ridotto le produzioni in tutta Italia, mentre continua a delocalizzare produzioni fuori dai confini nazionali.
Nello stabilimento di Piedimonte San Germano, i volumi sono scesi del 38,7% e ad oggi si lavora solo su un turno.
Il personale è sceso già di circa la metà. Da 4.500 del 2017 ai 2.700 di oggi.
La decisione della direzione aziendale della Fionda è stata presa di fronte a questo scenario: 8 al giorno le Grecale nell’allestimento full electric che escono da Cassino, su un totale di 195 vetture. Troppo poco per mantenere tutta la attuale forza lavoro.
Fionda si occupava fino al 2016 di progettazione e realizzazione dei rivestimenti e di arredi navali, aeronautici ed automobilistici, specializzandosi nella lavorazione di tessuti pregiati per rivestimenti.
Nel corso del primo semestre 2024 la Fionda ha concentrato le sue attività sull’automotive ma i volumi di Maserati non sono tali da crearle un nuovo mercato.
Ma Fionda non ha i bilanci in disordine e allora? Anzi i fatturati degli ultimi mesi sarebbero anche in crescita. Allora vuole utilizzare questa crisi per alleggerire i costi del personale?
All’annuncio dell’azienda hanno risposto le Organizzazioni Sindacali che hanno chiesto all’azienda di esaurire tutti gli ammortizzatori sociali ancora disponibili e di utilizzare anche i contratti di solidarietà.
Ma la direzione aziendale sembra inamovibile ed ha tirato dritto con la procedura di licenziamento collettivo. Senza un accordo, sarà inevitabile spostare la trattiva sindacale in Regione.
Intanto i Sindaci del territorio sono in fibrillazione. Lo stabilimento Fiat prima, Stellantis oggi sostiene l’economia del territorio da 50 anni ed il rischio di un tracollo sembra essere dietro l’angolo. In questo contesto i sindaci e i sindacati cercano una exit strategy a questa situazione, ben sapendo, almeno i sindaci, di avere poche chances.
Per questo si vorrebbe istituire un tavolo di crisi permanente presso l’assessorato regionale allo sviluppo economico.
Altre aziende dell”indotto, infatti, seguendo l’esempio di Fionda, potrebbero decidere di avviare procedure di licenziamento collettivo.
Ma quello che manca in questo film dell’orrore è l’azienda e soprattutto il Governo che nonostante quanto stia accadendo ancora non ritiene di aprire un tavolo nazionale per capire come poter far fronte a questa crisi di volumi e occupazionale.