Situazione in Libano, Siria e Iran
Gli ultimi giorni hanno visto una drammatica escalation delle operazioni militari israeliane nel Libano e in Siria, con bombardamenti che hanno causato un numero crescente di vittime civili. In particolare, cinque paramedici sono stati uccisi nel sud del Libano, mentre altri attacchi hanno colpito le province siriane di Homs e Hama, danneggiando una fabbrica di automobili e un sito militare. Questi eventi rientrano nel quadro più ampio dell’intensificazione delle tensioni tra Israele e Hezbollah, con quest’ultimo che ha lanciato diversi razzi verso il nord di Israele. Le autorità israeliane hanno confermato l’eliminazione di due comandanti di Hezbollah nel Libano meridionale e di altri esponenti della milizia in Siria, sebbene queste affermazioni non siano state verificate da Hezbollah.
Nel frattempo, l’esercito israeliano ha ammesso di aver perso un soldato e di aver subito il ferimento grave di un riservista durante scontri con combattenti di Hezbollah. L’attenzione internazionale è ora rivolta alle possibili conseguenze di un’escalation con l’Iran, con timori crescenti che un attacco israeliano possa destabilizzare l’intera regione, incidendo sui prezzi del petrolio e sulle economie locali. Mentre in Israele ci sono opinioni che spingono verso un attacco all’Iran, i media arabi discutono delle implicazioni di lungo termine di un conflitto su larga scala.
Da Gaza e Cisgiordania
Il blocco di Gaza, ormai al sesto giorno, sta mettendo in ginocchio la popolazione locale, con ospedali e scuole costretti a chiudere. In questo contesto, i numeri delle vittime continuano a crescere drammaticamente: oltre 42.000 palestinesi sono stati uccisi e quasi 100.000 feriti dall’inizio degli attacchi israeliani nel 2023. Israele, dal canto suo, ha perso oltre 1.000 persone negli attacchi lanciati da Hamas il 7 ottobre e continua a subire lanci di razzi dal Libano.
Le operazioni militari israeliane non si limitano a Gaza: nella Cisgiordania occupata, almeno quattro palestinesi sono stati uccisi, inclusi membri della Brigata dei Martiri di Al-Aqsa, come dichiarato dal governatore di Nablus, che ha definito l’attacco “un assassinio codardo”. Oltre agli scontri diretti, l’esercito israeliano ha continuato a demolire abitazioni e a lanciare raid in vari villaggi, come ad az-Zawiya, dove sono state distrutte due case palestinesi. Anche i coloni israeliani hanno intensificato le loro attività, vandalizzando una moschea e distruggendo pannelli solari nella Cisgiordania.
La crisi umanitaria a Gaza si aggrava ogni giorno di più. Le Nazioni Unite hanno chiuso la maggior parte delle strutture nel nord della Striscia, mentre oltre 300 operatori umanitari sono stati uccisi dall’inizio del conflitto. Il MAP (Medical Aid for Palestinians) ha espresso preoccupazione per il crollo del sistema sanitario nella regione, denunciando che le condizioni minime per la sopravvivenza palestinese sono state eliminate. Rohan Talbot, esponente del MAP, ha duramente criticato la comunità internazionale per il suo “catastrofico fallimento” nel far rispettare un cessate il fuoco. Anche l’ambasciatrice britannica all’ONU, Barbara Woodward, ha chiesto ad Israele di fare di più per evitare vittime civili e garantire l’accesso umanitario, un appello che è stato ribadito dal suo omologo francese, Nicolas de Riviere.
Un conflitto senza fine
Il conflitto tra Israele e le forze palestinesi si sta estendendo oltre Gaza, con il Libano e la Siria che diventano sempre più fronti attivi. Le tensioni con Hezbollah e le incursioni israeliane nella regione minacciano di allargare il conflitto, potenzialmente coinvolgendo anche l’Iran. Sul fronte interno, la popolazione palestinese in Cisgiordania e Gaza continua a subire violenze quotidiane, mentre la comunità internazionale fatica a trovare soluzioni efficaci per fermare la spirale di morte e distruzione.