Dal DLF di Velletri, l’associazione R/esistenza e Palestra Popolare, riceviamo una lettera aperta sul problema della messa alla prova, una pena alternativa al carcere volta al reinserimento sociale.
Le tre realtà di Velletri hanno provato a mettersi a disposizione per questa opportunità ma trovando diversi ostacoli al riguardo che loro stessi hanno raccontato.
“La fitta maglia della cronaca di Stato non riesce a trattenere la verità di una crisi carceraria senza precedenti: e del resto come potrebbe essere diversamente, se il governo punta a riempirli con DDL e DM tutti volti a reprimere quella classe sociale che appare irriducibile, quasi dinasticamente destinata al carcere? SI legge nella lettera aperta.
Il sovraffollamento è ai massimi storici, sono 62.110 i detenuti presenti a fronte di 51.181 posti effettivamente disponibili, in ambienti spesso degradati. Sono 75 i suicidi nelle carceri dall’inizio dell’anno a oggi.
Nel 2014 si affaccia nell’Ordinamento una nuova idea, una alternativa alle pene detentive, che nel 2015 diventa un Decreto (il DM 88/2015); in buona sostanza, per reati “minori” – quelli nei quali si può incorrere banalmente con un eccesso di tasso alcolemico alla guida ad esempio – possono essere estinti attraverso lavori utili.
L’idea piace. Piace talmente tanto che Cartabia con il DLGS 150/2022 la estende a reati con pene fino a 6 anni.
I vantaggi sono molteplici: per il reo, che può estinguere il suo reato in ambienti inseriti nella società, mettendo a disposizione le proprie abilità ed energie; per la società, che riceve dei servizi gratuiti; per il sistema repressivo carcerario che è appunto cronicamente affetto da sovraffollamento.
Un successo celebrato dalle statistiche: su 10 pene alternative alla detenzione, 3 sono attraverso la messa alla prova.
Eppure ci sono degli intoppi e come si conviene al sistema italiano, tutti di natura burocratica (o forse no?).
Per poter estinguere la pena, è necessario farlo presso un istituto inserito nelle liste del tribunale di riferimento. Ve ne sono diverse, pubblicate dai tribunali limitrofi, con diverse istituzioni; dalla caritas ai comuni, alle associazioni di volontariato, sportive e le biblioteche; le richieste sono tante, la classificazione di cittadini come condannati è molto efficiente; e la riabilitazione invece? Un po’ meno.
Un po’ meno perché a Velletri a fronte delle tante richieste, le offerte di pene alternative sono poche, pochissime, con il risultato che chi deve scontare la pena, deve farlo senza poter valorizzare le sue capacità, a km di distanza dalla propria abitazione o dal luogo di lavoro, e dopo attese lunghissime, durante le quali, nemmeno a dirlo, l’estinzione del reato è in attesa.
Perché questo? Sappiamo per certo -perché lo abbiamo fatto anche noi- che le richieste di iscrizione alle liste sono numerose, e protocollate. Ma le risposte sono poche, o nessuna. Le convenzioni sono limitate ai Comuni, nemmeno troppo limitrofi, che possono garantire però pochi posti. Come mai?
Chi incappa nelle condanne, non può o non ha la voglia di denunciare il fatto che pur volendo scontare la sua pena, non è messo nelle condizioni per farlo.
Chi si occupa dell’assistenza dei condannati, che li assiste nella ricerca di una struttura, sembra non volersi esporre.
E allora ci esponiamo noi, a nome della società “ferita”, che vorrebbe aiutare i “rei” a scontare la loro pena e restituire alla collettività.
Chi è il responsabile che deve occuparsi di garantire un adeguato numero di posti disponibili per l’estinzione della pena? Chi deve rispondere e vagliare le offerte delle strutture? Quanto ancora si dovranno attendere i nuovissimi strumenti ancora in attesa di vedere la luce?
Nel nostro piccolo siamo disponibili a offrire uno spazio e il nostro tempo al fine di consentire la prevista “riabilitazione” sfruttando i mezzi previsti dalla legislazione, garantendo un’alternativa al carcere e agevolando lo sconto della pena, almeno per quello che concerne il nostro territorio.
Associazione R/Esistenza Dopolavoro Ferroviario Velletri e Palestra Popolare DLF