Da alcuni anni è in atto il rispristino dell’antica via Francigena del Sud, nel tratto che da Roma scendeva verso Brindisi, percorrendo sentieri che attraversano boschi incontaminati, facendo tappa nei caratteristici borghi del Sud Italia. Percorrere la Via Francigena del Sud è un altro di quei momenti particolari che si vivono camminando lungo i “sentieri della storia” che caratterizzano il Parco Regionale dei Castelli Romani: sensazioni che ci riportano ai secoli passati quando questo sentiero era percorso dagli antichi pellegrini che da Roma raggiungevano Brindisi per imbarcarsi verso la Terra Santa.

Partiamo da Castel Gandolfo (piazza della Libertà), davanti all’imponente Palazzo Pontificio, del 1628 sede delle vacanze dei papi, con al centro la fontana attribuita a Gian Lorenzo Bernini e in fondo la chiesa di San Tommaso d Villanova con la maestosa cupola eretta dal Bernini nel 1661.
In questo grande slargo troviamo la sede del Comune di Castel Gandolfo, la storica buca delle lettere e un belvedere dal quale è possibile ammirare il fascino del lago con, sullo sfondo, Monte Cavo.

C’incamminiamo lungo le Gallerie di Sopra e, dopo meno di un chilometro, davanti al convento di Propaganda Fide, troviamo i resti delle stazioni di un’antica Via Crucis. Qui fino a pochi anni fa c’era un’elce colossale, conosciuto come “lo Gnommero”.
Arrivati ad Albano, prima di incamminarci lungo il sentiero CAI 511, possiamo ammirare l’Anfiteatro Severiano dei Castra Albana, risalente al II secolo, conosciuto come il “piccolo Colosseo”, che poteva contenere ben sedicimila spettatori. Degno di essere visitato è anche il convento dei Cappuccini, voluto da Flaminia Colonna Gonzaga e dedicato a S. Bonaventura. All’interno è possibile ammirare un presepe in travertino e marmo del 1633, opera di due artisti della cerchia del Bernini: Andrea Bolgi e Stefano Speranza.

C’incamminiamo lungo il sentiero che presenta affacci spettacolari sul Lago Albano e dopo poche centinaia di metri, tra castagni e vegetazione mista, s’incontrano, scavati nella roccia, i resti dell’acquedotto romano delle Cento Bocche realizzato in opus reticulatum. L’acquedotto delle Cento Bocche, che ha origine a mezza costa, in corrispondenza del convento di Palazzolo, fu realizzato per alimentare la grande villa di Pompeo e poi riutilizzato nel I secolo d.C. per alimentare gli impianti termali della villa di Domiziano. Con l’imperatore Settimio Severo, l’acquedotto fu poi impiegato per alimentare la grande cisterna (i cosiddetti Cisternoni) dei Castra Albana.

Cento Bocche fa parte di un sistema di acquedotti che comprende quelli di Malaffitto Alto e Malaffitto Basso. L’acquedotto di Malaffitto Alto serviva la villa di Domiziano e, attraverso una biforcazione, alimentava l’Anfiteatro Severiano e i Cisternoni. Il tracciato dell’acquedotto di Malaffitto Basso corre quasi parallelo agli altri due acquedotti per poi superare il palazzo domizianeo, con le sue tre cisterne di servizio, e dirigersi verso l’attuale abitato di Castel Gandolfo fino agli Orti di Torlonia.
Arrivanti al primo tratto in salita, con una breve deviazione a sinistra, si può ammirare uno spettacolo unico: la “pentima della vecchiaccia” che presenta un affaccio spettacolare sul Lago Albano. Storie di paese, appartenenti a una cultura che si sta man mano perdendo, affermano che in quel luogo si suicidò appunto un’anziana donna accusata di stregoneria. La parte finale di questo sentiero è molto stretta e quindi può essere pericolosa per i bambini o per chi soffre di vertigini.

Ritornando sul sentiero, dopo essere saliti lungo un’antica colata lavica, si arriva un bivio e si prende il sentiero verso destra e, dopo poco meno di un chilometro s’incontra un tratto della via Sacra. Nel 2018, Alessandro Brugnoli scoprì un lungo tratto di questa antica strada dal confine di Monte Gentile fino alla via dei Laghi. Fu presentato un progetto al Parco per valorizzare questo luogo, dove la via Francigena del Sud s’incontra con la via Sacra, ma, purtroppo, nessuno sembrò essere interessato al progetto.

Superato il sentiero lastricato in basoli della via Sacra, dopo poco più di un chilometro di cammino si arriva all’antico fontanile di Fontan Tempesta, dove, secondo la leggenda, Numa Pompilio, secondo re di Roma, incontrò la ninfa Egeria. La ninfa, al momento della morte del re, annientata dal dolore, si sciolse in lacrime dando vita alla fonte Egeria. Altre leggende narrano di streghe che s’incontravano in questo luogo e di licantropi che guarivano bagnandosi con l’acqua della fonte. È sicuramente un luogo magico, tappa obbligata per gli artisti che hanno visitato questi luoghi nel periodo del Grand Tour d’Italie.
Da Fontan Tempesta, si prosegue nel bosco incontrando quasi subito un bivio, dal quale si biforcano due sentieri. Entrambi conducono all’interno dell’abitato di Nemi: il primo, in salita, conduce alla parte alta del borgo, mentre il secondo, in discesa, conduce alla parte bassa di Nemi e quindi direttamente al lago.

Prendiamo il sentiero in salita e, dopo due chilometri, si arriva al Belvedere Ceyrat che si trova nel punto più alto del paese e prende il nome dalla città francese dell’Auvergne con la quale Nemi è gemellata. Si tratta di uno dei panorami più affascinanti dei Castelli Romani, proprio sopra i tetti delle casette del centro storico di Nemi, con in primo piano la torre saracena di Palazzo Ruspoli. Lo sguardo spazia dal sottostante bacino lacustre e poi in alto verso il borgo di Genzano e più in là Monte Giove (sito dell’antico villaggio latino di Corioli), fino alla pianura pontina e alla costa tirrenica.

Per ritornare al punto di partenza si può seguire lo stesso percorso e, tra andata e ritorno, si tratta di un’escursione lunga 18,6 chilometri. Percorrendo il solo sentiero CAI 511 da Albano a Nemi il percorso è di 14,6 chilometri.