Terremoto politico giudiziario a Bari. Nella serata di ieri sono finiti in manette nomi eccellenti della politica barese, imprenditori e dirigenti comunali.
Nella rete degli inquirenti sono finiti i fratelli Alfonso ed Enzo Pisicchio (detto Roberto) da ieri sera ai domiciliari nell’ambito di una inchiesta della Procura di Bari che riguarda l’accusa di corruzione in relazione a tre appalti truccati.
I reati contestati all’ex assessore regionale Alfonso insieme ad altre sei persone (1 in carcere, 4 agli arresti domiciliari, 2 destinatarie del divieto di esercitare le attività professionali per 12 mesi) sono corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità materiale, turbata libertà degli incanti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Diversamente dalla modalità usuale per interventi di questo genere, le misure cautelari sono state eseguite in serata forse perché la Procura ha ritenuto potesse sussistere un pericolo di inquinamento probatorio, dopo le dimissioni di Alfonso Pisicchio, dall’Arti, l’Agenzia regionale per la tecnologia, dove era stato nominato a dicembre.
Ai domiciliari anche il dirigente comunale Francesco Catanese, 58 anni, di Bari, e l’imprenditore Giovanni Riefoli, 53 anni, di Barletta. In carcere è finito Cosimo Napoletano, 58 anni, di Monopoli, ritenuto un falso broker di polizze fideiussorie.
Interdizione dall’attività professionale per Vincenzo Iannuzzi, 52 anni, nato a Maratea e residente a Bari, e Grazia Palmitessa, 36 anni, di Castellana Grotte.
L’ordinanza è stata firmata dal gip Ilaria Casu su richiesta del pm Claudio Pinto con l’aggiunto Alessio Coccioli.
La vicenda era cominciata nel 2020 e la Procura di Bari solo adesso è riuscita a chiudere il cerchio accusatorio, nei confronti dei protagonisti di questa vicenda.
Il gip ha rigettato le misure cautelari per altre sette persone, rilevando per i primi tre (Gianfranco Chiarulli, Vincenzo Rinaldi, Giovanni Vinci) la mancanza di esigenze, e per gli altri quattro (Raffaele Boccardo, Saverio Friuli, Giacoma Punzo e Diego De Fecondo) la mancanza di gravi indizi di colpevolezza rispetto alle accuse ipotizzate.
Secondo l’accusa i fratelli Pisicchio avrebbero ricevuto 156mila euro in contanti per sé stessi e per il partito Iniziativa Democratica (una delle liste a supporto della coalizione di centrosinistra alle elezioni regionali 2020) dalle aziende riconducibili all’imprenditore Riefoli, anche sottoforma di consulenze fittizie.
Il gip ha però rigettato la richiesta di sequestro dei 156mila euro.
I due Pisicchio, in concorso con il dirigente comunale Catanese e un componente della commissione di gara (Gianfranco Chiarulli) rispondono anche di corruzione per aver truccato l’appalto per l’affidamento della riscossione della Tarsu-Tares-Tari a favore della Golem Plus in Rti con Creset e Arca Servizi.
Secondo l’accusa in cambio i due dipendenti comunali avrebbero ricevuto il primo l’assunzione della moglie e il secondo la promessa dell’assunzione del figlio Michele.
Enzo Pisicchio avrebbe ottenuto in cambio l’acquisto di mobili, feste private, un cellulare, un tablet e l’assunzione fittizia della figlia Rebecca.
Alfonso Pisicchio avrebbe ricevuto “il sistema delle assunzioni nelle aziende gestite” dallo stesso Riefoli “di persone da lui stesso indicate, che a loro volta gli avrebbero garantito la preferenza elettorale”.
Insomma Bari e la Puglia in queste settimane sono scosse dalle vicende politico-giudiziarie che stanno movimentando la vita politico e sociale pugliese e che ogni giorno apre scenari sempre diversi e sempre più preoccupanti.