Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Campania, le Regioni che avranno più bisogno di lavoratori
Tra il 2024 e il 2028 il mercato del lavoro italiano potrà esprimere un fabbisogno compreso tra 3,1 e 3,6 milioni di occupati, a seconda dello scenario macroeconomico considerato. Infatti, lo stock occupazionale 2023 potrebbe crescere nel quinquennio da un minimo di 238mila unità nello scenario negativo fino a un massimo di 722mila occupati in un contesto più favorevole.
In Lombardia – con un fabbisogno atteso pari a 669mila occupati nello scenario positivo – si concentrerà oltre il 18% dell’intera domanda nazionale, seguita da Lazio (356mila unità pari al 9,8%), Campania (320mila unità, 8,8%), Emilia-Romagna (306mila unità, 8,4%) e Veneto (302mila unità, 8,3%).[1]
Sulle previsioni inciderà, evidentemente, l’effettivo impatto delle risorse stanziate con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Le necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita dal mercato del lavoro determineranno la gran parte del fabbisogno, 2,9 milioni di unità nel quinquennio, pari ad una quota dell’80% nello scenario positivo e del 92% in quello negativo.
E’ quanto emerge dal report sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” aggiornato al quinquennio 2024-2028, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro.
“La riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro rappresenta una delle priorità di politica economica da affrontare in questo momento”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “I costi derivanti dal minor valore aggiunto che sarà possibile produrre nei diversi settori economici a causa del ritardato o mancato inserimento nelle imprese dei profili professionali necessari stanno infatti aumentando, proprio a causa del progressivo innalzamento della difficoltà di reperire personale.
La stima per il 2023 del costo del mismatch è di 43,9 miliardi, cifra corrispondente a circa il 2,5% del Prodotto interno lordo italiano. Per invertire il trend, che ha tante ragioni d’essere, a cominciare dall’andamento demografico, si deve lavorare sempre di più sul fronte dell’orientamento e avvicinare i percorsi formativi alle grandi trasformazioni in atto”.