Ma come è stato possibile generare un simile pastrocchio? Perché per come è finita la vicenda del concorso degli otto ufficiali di polizia locale, non può che considerarsi tale.
Quale fu l’idea che maturò nell’allora giunta di centrodestra a guida Bruno Cesaroni, che diede inizio a questa vicenda? Quali erano i motivi e le eventuali necessità che portarono ad avviare il concorso?
Per capire come nasce tutto ciò siamo andati a rivedere le cronache dell’epoca e gli articoli che vari giornali scrissero su questo concorso.
Un dato è certo: il sindaco e la sua giunta tirò dritto per la propria strada anche contro il volere dello stesso corpo di Polizia Locale e contro l’intero consiglio comunale.
Infatti, quando si cominciò ad ipotizzare l’idea di un concorso interno per titoli, per creare 8 nuovi ufficiali di Polizia Locale, venne presentata in consiglio comunale una interrogazione che aveva tra i firmatari Salvatore Ladaga, attuale presidente del Consiglio comunale, che esprimeva la contrarietà a questo concorso.
Un atto che impegnava la giunta a non procedere al concorso e che fu addirittura votata all’unanimità.
Cioè maggioranza di centro destra e opposizione di centro sinistra si trovarono d’accordo a votare insieme un atto che, di fatto, esprimendo la contrarietà a questo concorso, ne doveva impedire l’indizione.
Ed il consiglio comunale su alcune scelte di indirizzo dovrebbe essere sovrano.
Non fu così, invece. Infatti nonostante le perplessità e i dubbi, l’amministrazione dell’epoca tirò dritto. Uno dei problemi era legato al numero dei vigili urbani all’epoca in servizio nel comune veliterno.
L’organico era composto da 43 vigili, di cui 7 ufficiali. Con l’arrivo di altri 8 ufficiali si sarebbe stravolta l’organizzazione, trovandosi ad avere 15 ufficiali e 35 vigili, neanche più sufficienti a garantire i servizi minimi.
Le critiche politiche dell’epoca vertevano sul fatto che prima di nominare nuovi ufficiali, sarebbe stato necessario assumere altri vigili e solo dopo fare il concorso per i nuovi ufficiali.
Ma soprattutto prima di bandire un corso, veniva sostenuto nel 2003 era necessario sistemare le buste paga dei vigili ai quali all’epoca, da agosto non venivano riconosciute in busta paga gli straordinari.
Quindi, avendo problemi economici nel pagare gli straordinari, come si poteva pensare di assumere vigili o addirittura nominare nuovi ufficiali?
Lo descrive bene un articolo a firma M.M. uscito su un settimanale locale “LaTorre” che il 24 gennaio 2003 scriveva così “una manovra (il concorso degli ufficiali del vigili urbani ndr) che rappresenta un vero e proprio atto di forza e di arroganza di un singolo elemento della coalizione amministrativa e che va a sbugiardare l’intero consiglio comunale, che qualche mese fa si era pronunciato all’unanimità contro il varo di un simile concorso se non dopo l’assunzione di un congruo numero di nuovi vigili.
Intanto venerdì sera – si legge ancora nell’articolo che pubblichiamo– da Benito al Bosco il sindaco Cesaroni ha di fatto ufficializzato la sua candidatura alle prossime elezioni Provinciali con una cena alla quale tra gli invitati, insieme all’assessore Cerini, brillavano gli aspiranti vincitori del concorso a tenente dei vigili urbani.” Insomma un articolo premonitore.
Ad occuparsi della vicenda anche il Messaggero edizione Metropolitana di qualche giorno prima, il 16 gennaio 2003.
Nell’articolo del compianto Dario Serapiglia si avanzavano le preoccupazioni per un eventuale svuotamento dei servizi territoriali a fronte delle nomine dei futuri nuovi 8 ufficiali.
L’articolo faceva riferimento alla sorpresa generata tra gli stessi vigili urbani e tra i politici dell’epoca, per il bando pubblicato il 31 gennaio del 2002, riportando anche le dichiarazioni di uno dei rappresentanti sindacali dell’epoca.
Ma l’allora amministrazione, nonostante la contrarietà unanime del consiglio comunale e le stesse perplessità dei vigili urbani, tirò dritto per la sua strada.
Si trovò però una mediazione. Grazie alla insistenza del sindacato e dei consiglieri comunali, l’amministrazione varò anche un bando per l’assunzione di vigili urbani ampliando l’organico.
Il concorso per gli ufficiali si svolse e la commissione incaricata, stilò una graduatoria verso la quale fu fatto ricorso da alcuni vigili urbani esclusi dalla graduatoria.
Venne anche chiesta una sospensiva in attesa del pronunciamento del Tar, ma l’amministrazione procedette speditamente.
Un ricorso che maturò a margine di una cena, organizzata in un noto locale cittadino, il Casale Malatesta, svoltasi a graduatoria pubblicata, nella quale i politici presenti, diedero rassicurazioni anche a chi non era rientrato nella graduatoria, promettendo da lì a breve lo scorrimento della stessa.
Uno scorrimento della graduatoria che non venne mai applicato, anche quando alcuni di questi ufficiali, da lì a poco, andarono in pensione.
Il risultato finale è sotto gli occhi di tutti. Il Consiglio di Stato ha annullato la graduatoria. Gli otto ufficiali non sono più tali. Il Comune ha pagato per 20 lunghissimi anni retribuzioni non dovute, generando un danno.
Con le transazioni firmate per i quattro vigili ancora in servizio, l’attuale amministrazione sempre di centro destra a guida Cascella, ha cercato di evitare ulteriori danni patrimoniali all’ente.
Non è dato sapere però, per quale motivo non esegue identico atto di rivalsa nei confronti degli altri 4 ufficiali, oggi in pensione, che di fatto dovrebbero restituire i soldi percepiti indebitamente.
Non sanare questa situazione potrebbe configurare un danno erariale, alla luce della sentenza del Consiglio di Stato? Così come non si capisce perché il sindaco Cascella non intenda sanare la situazione con coloro che hanno promosso il ricorso al Consiglio di Stato, uno dei quali ancora in servizio.
Resta una altra sola domanda: ma la commissione che valutò e stilò erroneamente la graduatoria, causando questo pastrocchio, resta immune da responsabilità? Anche su questo aspetto aspettiamo di conoscere una risposta.