Siamo certi che la mossa di aumentare i dazi sulle importazioni di macchine elettriche cinesi sia un bel affare per l’Europa? Noi crediamo proprio di no.
L’Europa, nella sua attuale posizione, rischia di compromettere non solo le sue relazioni internazionali ma anche la propria stabilità economica.
Aumentare i dazi potrebbe sembrare una mossa protettiva per le industrie locali, ma nel contesto globale odierno, tale decisione potrebbe avere conseguenze negative a breve e lungo termine.
La Germania, per esempio, una delle principali produttrici di auto in Europa, vede nella Cina il suo più grande mercato. Se Pechino decidesse di applicare dazi simmetrici, l’industria automobilistica europea potrebbe subire un tracollo totale.
Inoltre, le sanzioni, così come i dazi, spesso sono utilizzati come strumenti di politica estera per mantenere egemonie e influenze. Ma questa volta la scelta rischia di ritorcersi contro di noi.
Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno incrementato i dazi sulle auto cinesi fino al 100%, con l’obiettivo di limitare la competitività nel mercato americano. Tuttavia, l’Europa, seguendo questa linea, rischia di danneggiare se stessa più che proteggere i propri interessi.
Le auto cinesi non rappresentano una minaccia diretta nei mercati occidentali, ma le auto europee dipendono fortemente dalle vendite in Cina. Questa dinamica evidenzia un rischio significativo per l’economia europea.
Continua nella sostanza la guerra, sempre meno silente, alla Cina da parte degli Stati Uniti, ma l’Europa sembra non avere una strategia di tutela dei propri cittadini, delle proprie aziende e dei consumatori.
Europa all’angolo invece di essere protagonista della diplomazia
Le relazioni con l’arcipelago BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) saranno fondamentali nei prossimi decenni per garantire pace, stabilità politica e crescita economica. Non capirlo vuol dire far sprofondare l’Europa nell’irrilevanza.
Neanche l’avanzata delle destre estreme, all’ultime elezioni europee, ha prodotto una riflessione dei burocrati di Bruxelles. L’Europa del debito, dell’austerità, del protezionismo senza costrutto non potrà giocare nessun ruolo politico.
Le relazioni internazionali sono costruite sulla reciprocità. È giusto porre dazi per prodotti che non soddisfano gli standard europei. Giusto far in modo che, per esempio in agricoltura, i prodotti siano rispettosi dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Giusto rispondere con misure di protezione quando ci sono paesi che vogliono competere slealmente contro di noi. Ma se la finalità è isolarci da tutti e consegnarci solo agli Stati Uniti, per l’Europa è l’ennesimo suicidio.
Continuare ad imporre sanzioni agli altri, che diventano puntualmente sanzioni contro noi stessi, è puro masochismo.
I cittadini europei non riescono più a sopportare politiche che minano gli interessi collettivi. La risposta che hanno dato è una radicalizzazione verso la destra più pericolosa. Un ritorno ad un passato drammatico. Quando intendono fermare questa deriva i politici europei? Quando non ci sarà più possibilità di recuperare?
Gli Stati Uniti non stanno solo preparando una guerra economica alla Cina. Quando vediamo intensificare le esercitazioni militari nel Pacifico, quando assistiamo al rafforzamento dell’alleanza militare denominata Aukus, con Giappone, Gran Bretagna e Australia, dovremmo porci la domanda se la guerra d’Ucraina sia solo antipasto di quella globale contro la Cina.
Gli indizi sono molti. Basta unirli per capire che lo scenario economico e politico dei prossimi mesi sarà tutt’altro che stabile. Anzi, il rischio di una guerra su vasta scala è un’ipotesi concreta.
Ma cara, vecchia, saggia Europa che fine hai fatto? E soprattutto, cosa intendi fare?