Secondo uno studio recente di Oxfam, gli sfollati climatici sono in netto aumento e le ondate migratorie saranno sempre maggiori.
Alcuni paesi del mondo sono da anni in perenne emergenza. Una frase molto famosa dice: un battito d’ali in Brasile può creare un uragano in Europa. Chiaramente non è così, ma di certo le Nazioni che più inquinano, Stati Uniti e Cina in testa, ma anche l’Europa ha la sua dose di responsabilità, stanno creando disastri in molte parti del mondo.
Perché la disuguaglianza è anche questa e le responsabilità non risiedono solo nelle poche opportunità di alcuni paesi colpiti dai disastri climatici, ma soprattutto negli impegni non rispettati delle grandi superpotenze.
Cosa sta accadendo con il cambiamento climatico è davanti agli occhi di tutti noi, anche in Italia dove in queste ore intere zone del Nord-Ovest sono state violentemente colpite da inondazioni. A rischio certamente la biodiversità, ma ancora di più l’esistenza dell’uomo in alcune parti del pianeta.
Da agosto 2023 ad oggi, ogni mese le acque in superficie dell’oceano Atlantico sono state più calde del mese precedente, con un record storico in continuo aggiornamento. Le guerre, soprattutto in Ucraina, non fanno altro che aggravare la situazione. Il granaio del mondo ha interi terreni inutilizzabili e resteranno così per i prossimi decenni. Quindi fermare la guerra in Ucraina è fondamentale anche per la sussistenza alimentare del pianeta.
SEMPRE PIÙ PERSONE IN FUGA DA EVENTI CLIMATICI ESTREMI
Nei dieci paesi più colpiti dalla crisi climatica, l’aumento delle inondazioni e delle siccità ha costretto le persone a sfollare 8 milioni di volte solo nell’ultimo anno, oltre il doppio rispetto a dieci anni fa. Nello stesso periodo, la fame è quasi triplicata in cinque di questi paesi.
In Bangladesh, cicloni imprevedibili e altri eventi estremi hanno costretto l’anno scorso oltre 1,8 milioni di persone ad abbandonare le proprie case, provocando gravi danni a infrastrutture essenziali, come scuole e mercati.
Gli “eventi climatici estremi” si riferiscono a fenomeni atmosferici e meteorologici di intensità e impatto eccezionali, come ondate di calore, alluvioni, siccità, uragani, tempeste di neve e incendi boschivi.
Gli “sfollati climatici” sono in continuo aumento, persone costrette a lasciare le loro case a causa degli impatti diretti o indiretti dei cambiamenti climatici, affrontando spesso difficoltà significative nella ricerca di nuove abitazioni e lavoro. Purtroppo ancora oggi non sono riconosciuti legalmente a livello internazionale.
QUALI SONO I PAESI PIÙ COLPITI?
Kenya, Somalia, Cina, Filippine, Pakistan, Etiopia, India, Brasile, Bangladesh e Malesia registrano un drammatico aumento del numero di persone costrette a lasciare le proprie case a causa di disastri climatici, con un incremento del 120% in dieci anni. I più colpiti sono pastori, agricoltori e piccoli produttori il cui sostentamento dipende dalle piogge.
IL TRISTE PRIMATO DELLA SOMALIA
Solo nel 2023, in Somalia si sono verificati 223 eventi meteorologici estremi, dieci volte più rispetto a dieci anni fa. Le inondazioni dello scorso novembre hanno causato perdite stimate in 230 milioni di dollari e oltre 1,2 milioni di sfollati. Oggi, metà della popolazione dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere, nonostante il paese contribuisca meno dello 0,03% alle emissioni globali di CO2.
FAME E MALATTIE IN AUMENTO
Siccità e alluvioni causano malattie e fame: in cinque dei paesi più colpiti dalla crisi climatica, Bangladesh, Etiopia, Kenya, Pakistan e Somalia, il numero di persone che soffrono di malnutrizione acuta è quasi triplicato in dieci anni, passando da 14 milioni nel 2013 a oltre 55 milioni nel 2023.