Una battaglia legale durata circa un anno tra ricorsi al Tar e Consiglio di Stato ma alla fine la FRZ ha avuto la meglio.
Corretto portare i rifiuti a Colfelice i rifiuti indifferenziati di Formia e Ventotene, che non potevano essere smaltiti nell’impianto della CSA di Castelforte, perché inadeguato a raccogliere la frazione umida contenuta in tali rifiuti.
È questa in estrema sintesi la sentenza del Consiglio di Stato, che confermando la sentenza del tar Lazio, ha messo la parola fine a questa vicenda.
Una causa di risarcimento milionario vinta dalla FRZ a vantaggio delle casse comunali e dei cittadini.
Ma questa sentenza apre ora un altro scenario, quello relativo allo smaltimento eseguito da altri comuni in quell’impianto di Castelforte, non adatto allo smaltimento del residuo umido superiore dal 15% del totale dei rifiuti indifferenziati conferiti.
Chi dovrebbe ripagare i cittadini? Che fine hanno fatto questi rifiuti? Trasportati in Olanda a che costi? Perché la Regione Lazio ha autorizzato la CSA di Castelforte, ben sapendo che non poteva trattare i rifiuti indifferenziati? Come è stato possibile trasportare gli scarti del trattamento alla discarica di Viterbo? Come è stato possibile che la CSA abbia prodotto analisi sui rifiuti inattendibili?
Un bel ginepraio sul quale sarà necessario tornarci sopra, documenti alla mano, come normalmente facciamo noi de laspunta.it. Ma soprattutto dovrà fare chiarezza la Procura della Repubblica di Cassino, a cui il Tar del Lazio ha inoltrato tutto il carteggio.
Ma veniamo a questa vicenda che ha visto coinvolti da una parte la FRZ, il Comune di Formia e Ventotene, la SAF di Frosinone, la regione Lazio e dall’altra la CSA di Castelforte.
Tutto nasce quando la CSA – che ha un impianto di trattamento del rifiuto detto TM (trattamento meccanico ndr) comunica ad inizio 2023 la decisione di aumentare il costo del conferimento dei rifiuti in quanto i rifiuti esitati dal trattamento dovevano essere trasportati in Olanda a causa dell’esaurimento delle volumetrie della discarica di Viterbo. Un extracosto di 52 euro che di fatto non era di poco conto, comportando così un aggravio dei costi di diverse centinaia di migliaia di euro per lo smaltimento presso la CSA di Castelforte.
Ma soprattutto l’Amministratore di FRZ scopre che non vi era un contratto in essere con CSA e soprattutto quell’impianto non era adeguato a trattare rifiuti indifferenziati con presenza di frazione organica, ma solo rifiuti indifferenziati senza frazione organica. Inoltre cosa da non poco conto, scopre anche che analisi relative alla frazione organica dei rifiuti indifferenziati non erano state mai fatte dalla FRZ, come previsto dalla legge, ma dalla CSA e da laboratori non accreditati.
A questo punto la FRZ effettua le analisi che certificano una presenza di umido superiore a quella prevista dall’autorizzazione dell’impianto e decide di rivolgersi invece ad un impianto TMB (trattamento Meccanico Biologico) dove poter portare tali rifiuti e sottoscrive un contratto con la Saf di Colfelice in provincia di Frosinone. Le analisi furono svolte a maggio e a giugno del 2023.
Da questo momento comincia la battaglia legale della CSA nei confronti della FRZ e dei comuni di Formia e Ventotene.
In un primo ricorso al Tar presentato dalla CSA, il tribunale amministrativo rigetta il ricorso della CSA dichiarandolo inammissibile, con sentenza del 22 novembre 2023, disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica competente di Cassino e alla Corte dei Conti avendo rilevato notizie da approfondire in sede giudiziaria.
Cosa ha scoperto il Tar di tanto rilevante? Che la CSA ha trattato i rifiuti indifferenziati con una percentuale superiore al 15% di umido provenienti da Formia e Ventotene in assenza di un contratto.
È da domandarsi anche come CSA abbia potuto trattare i rifiuti indifferenziati di altri comuni, tra cui quelli della Capitale. Che i rifiuti venivano trasportati in Olanda in quanto nella discarica di Viterbo non c’era più posto, pur essendoci una sentenza della Corte di Giustizia Europea che vieta il trasferimento dei rifiuti indifferenziati oltre regione e oltre il territorio nazionale.
Che nel frattempo alla CSA era stata annullata l’ autorizzazione a seguito di un ricorso presentato dalla RIDA di Aprilia, sul trattamento dei rifiuti con parte organica superiore al consentito, e che nonostante ciò aveva continuato a ricevere rifiuti senza autorizzazione.
Inoltre il consiglio di Stato evidenzia che le analisi sui rifiuti fatte dalla CSA erano inattendibili.
Insomma un bel pastrocchio sulla quale la Procura di Cassino sarà chiamata a fare luce per capire se ci sono stati dei comportamenti illeciti rilevanti. Va anche detto che alla CSA la regione Lazio aveva con determinazione dirigenziale n. G11211 del 16 agosto 2023 chiuso il procedimento di riesame sulla sospensiva delle autorizzazioni dell’a.i.a. in possesso di CSA s.r.l. e la ha autorizzata a installare bio-celle entro il 30 giugno 2024, consentendole nelle more di ricevere rifiuti urbani indifferenziati aventi una frazione organica non superiore al 15%.
Cosi scrivono i giudici “l’impianto di CSA era tecnicamente insufficiente ad un idoneo trattamento ed alla chiusura del ciclo dei rifiuti prodotti dai Comuni serviti dalla FRZ, in relazione ai rifiuti urbani indifferenziati in cui era presente una significativa componente di frazione organica, i quali necessitano di un trattamento per il tramite di un impianto biologico e meccanico, mentre quello in dotazione della società appellante è un impianto solo meccanico”.
Perso il ricorso al Tar, la CSA ha inoltrato un ricorso al Consiglio di Stato, contro questa sentenza, e lo scorso 22 agosto ha esaminato il ricorso dalle CSA contro la FRZ, respingendolo.
Sostanzialmente il Consiglio di Stato ha riaffermato quanto già stabilito dal Tar del Lazio. Scrivono infatti in giudici “Osserva il Collegio che, contrariamente quanto ritenuto dalla parte appellante, la ragione per la quale la sentenza impugnata ha dichiarato la carenza di interesse di CSA discende dalla duplice circostanza per cui, per un verso il contratto di affidamento è scaduto e, per altro verso, l’impianto di CSA è stato ritenuto inidoneo in quanto privo di biocelle.” che aggiungono ulteriormente
“Entrambe le predette circostanze, come rilevato in maniera condivisibile dal giudice di primo grado, impedirebbero, da un lato, la possibilità di poter ottenere la reviviscenza del contratto scaduto e, dall’atro lato, la possibilità di poter ottenere l’assegnazione di un nuovo contratto avente ad oggetto un servizio che l’appellante non sarebbe in grado di offrire.”
E proseguono affermando che “L’accertata inidoneità funzionale dell’impianto di Castelforte a trattare rifiuti contenenti una significativa percentuale di frazione organica non appare in alcun modo revocata in dubbio dalle analisi merceologiche svolte da CSA nei mesi e negli anni precedenti all’affidamento a SAF, le quali si rilevano, a ben vedere, inattendibili in quanto: i)sono state effettuate sui rifiuti in uscita dall’impianto CSA, a seguito del relativo trattamento, e non già sui rifiuti in ingresso; ii) non prendono in considerazione la percentuale di frazione organica rilevata sia nel rifiuto urbano tal quale che nel cd. sottovaglio; iii) i dati ISPRA prodotti proprio dalla stessa difesa CSA dimostrano come il Comune di Ventotene, nel 2020, aveva raggiunto una percentuale di di rd del 24,30%; nel 2021 del 34,34%, dunque ben al di sotto del valore del 65% al quale – la letteratura scientifica di settore – ricollega la presenza di rifiuto urbano indifferenziato a bassa soglia di putrescibilità; iv) non sono state eseguite da un laboratorio accreditato.
Più in radice, occorre rilevare che spetta al produttore del rifiuto e dunque, nel caso in esame a FRZ, la classificazione del rifiuto e l’individuazione degli impianti di trattamento”.
Una sentenza dunque inappellabile che mette la parola fine a questa querelle. Resta da capire come sia stato possibile, in questi anni alla CSA di Castelforte continuare a ricevere e a trattare rifiuti provenienti da altri comuni, tra cui Roma, con una frazione di umido superiore alla norma e non potendoli ne trattare ne soprattutto ricevere.
In tutto ciò non si può assolvere la Regione Lazio, che pur conoscendo l’impianto di Castelforte come impianto TM, ha concesso delle autorizzazioni in proroga per le biocelle, pur essendoci in regione impianti già predisposti per il trattamento TMB. Certo potremmo parlare di leggerezza?
Resterà da chiarire come sia stato possibile inoltre per la CSA conferire i rifiuti nella discarica di Viterbo atteso che come i giudici del Consiglio di stato hanno scritto “Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio non nutre dubbi di sorta in relazione alla inattendibilità delle analisi merceologiche di CSA prodotte nel giudizio, a seguito delle quali sono stati tra l’altro effettuati i conferimenti nella discarica di Viterbo”.
Dubbi che dovranno essere sciolti dalla Procura di Cassino a cui sono stati trasmessi i documenti dal tar del Lazio. Vanno riconosciuti senz’altro i meriti all’avvocato Vittorina Teofilatto e all’amministrazione del Comune di Formia che dal primo giorno ha supportato quanto sollevato dal dr. Raffaele Rizzo.