Aveva destato scalpore l’arresto di don Maurizio Verlezza il salesiano di Genzano arrestato per spaccio di droga nel maggio scorso.
Il responsabile salesiano era anche cappellano del carcere di Velletri, quando una mattina di maggio era arrivato nel carcere di Velletri, in contrada Lazzaria, con un borsone all’interno del quale aveva però stipato ben 7 chilogrammi di hashish, 60 grammi di cocaina e alcuni telefonini.
Gli agenti penitenziari controllando il suo borsone non hanno creduto ai loro occhi, nello scoprire il contenuto rinvenuto al suo interno ed hanno arrestato il salesiano in flagranza di reato.
Dopo una settimana di carcere e tre mesi di arresti domiciliari, don Maurizio ha confessato tutto, da bravo prete potremmo dire, al Pm che lo aveva fatto arrestare, ammettendo tutte le sue responsabilità e sulla base di questa confessione il Tribunale lo ha rimesso in libertà.
Il salesiano ha patteggiato la pena e ha ammesso le sue colpe, diversamente da chi dice e commenta in queste ore che sarebbe stato scagionato, falsando la verità.
Reo confesso quindi. Solo l’ammissione di colpevolezza, infatti, ha permesso a don Maurizio di poter tornare in libertà.
Una vicenda incredibile ma che potrebbe aprirne anche un’altra: ovvero risalire a chi gli ha fornito la droga da portare in carcere e a chi l’avrebbe dovuta consegnare.
Da quanto si è saputo la droga era destinata ad uno dei detenuti ristretto nella struttura di contrada Lazzaria.
Dopo l’arresto del sacerdote, la comunità genzanese si è spaccata tra innocentisti e colpevolisti. Si sono tessute le lodi di questo sacerdote per le sue attività e anche per aver partecipato tempo fa ad un’iniziativa, tenutesi al cinema Cynthianum alla quale aveva partecipato don Luigi Ciotti, che saputo dell’arresto di don Maurizio, si era detto sconcertato.
Avrà pure fatto opere di bene, la pastorale e quant’altro, ma resta il fatto che questo prete, Don Maurizio Verlezza, per sua stessa ammissione, trasportava droga in carcere.
Perché lo ha fatto? Qualcuno lo ha costretto? Come può un sacerdote, tra l’altro impegnato socialmente, fare una cosa del genere?
Domande che difficilmente avranno una risposta. Il salesiano questa mattina ha rivolto un appello alla sua comunità, per comunicare la fine della sua vicenda giudiziaria e di essere ritornato in libertà.
Forse sarebbe il caso, per riprendere una parola di Umberto Eco tratta da In nome della Rosa, un bel “penitenziagine” per questo sacerdote, in un luogo di meditazione e preghiera, lontano da tentazioni demoniache.