La signora Sahra Wagenknecht ha fondato un partito che porta il suo nome, un po’ per vezzo di protagonismo (è anche una signora dall’aspetto gradevole), un po’ per non accodarsi a sigle desuete di SPD, Linke, Sinistra ecc.
I suoi avversari l’accusano di essere di destra e populista, ma il suo partito cresce all’Est dove i neonazi della AfD sono ormai il secondo partito e rischiano di diventare il primo se prosegue la debacle socialdemocratica.
La BSW (Alleanza Sahra Wagenknecht), alle europee pensa di conquistare 7 seggi, se Die Linke, dalla cui scissione Sahra proviene, non dovesse partecipare alla competizione. Certo che partito “conservatore di sinistra” è una definizione che nemmeno il fantasioso Matteo Renzi si sarebbe mai sognato di utilizzare per la sua Italia Rediviva. E poi, diciamocela tutta, il vero partito conservatore di sinistra è il PD con i suoi satelliti.
Ieri la signora ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera di cui riproduciamo, testualmente, alcune perle. «(Noi pensiamo) alle persone con redditi medi, o bassi….e storicamente la sinistra è stata votata dai meno privilegiati. Oggi è l’opposto. Prendete i Verdi […]: quelli che li votano, hanno un’istruzione accademica, vivono in centro, fanno la spesa nei negozi bio, guidano auto elettriche….” Se ci pensate bene, è il quadro dell’elettore medio del PD.
«Molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra. Ma non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» e fin lì ci siamo arrivati anche noi, prima con il successo dei grillini e oggi con quello dei fratelli della Meloni.
Tuttavia, «No, alla Spd di Willy Brandt. Non siamo retrogradi, omofobi, grazie a Dio con queste tesi non abbiamo nulla a che fare. Ma dalla cannabis alla prostituzione, perfino sull’aborto […] la sinistra ha preso una serie di posizioni sbagliate» senza specificare come e quali, quindi lasciandoci nel dubbio che abbia sposato le posizioni più conservatrici.
Una botta da paura invece alla ministra verde Annalena Baerbock e alla sua politica estera «È una politica estera militarista: glorificare la guerra e fornire armi. Spaventoso dove siano finiti i Verdi». E ancora «A Gaza, quello che stiamo facendo con Israele, visto come conduce la guerra, ci rende corresponsabili. Per quanto riguarda l’Ucraina: non metteremo fine al conflitto se continuiamo a consegnare armi senza fare pressioni. Ha ragione il Papa. Ci devono essere i negoziati, ora».
Per quanto riguarda l’Unione Europea, «(ci) si dovrebbe concentrare su quello che può regolamentare. Noi vogliamo smantellare la centralizzazione. Siamo per l’Europa delle democrazie sovrane. (Ma) Vogliamo un’Europa che cooperi, senza rivalità e senza ostilità, però siamo contro una centralizzazione delle decisioni a Bruxelles che poi minano la democrazia nei singoli Paesi. Penso che de Gaulle fosse un uomo intelligente».
Quindi niente di nuovo sul fronte Orientale? Pare proprio di no, le stesse affermazioni (se non proprio idee) in Europa le riscontriamo dalla Le Pen a Melenchon, in Inghilterra con Corbyn, mentre in Italia è roba che mastichiamo almeno dalla fine della prima repubblica negli anni 90. Una sapida zuppa che va dalla Schlein, Fratoianni e satelliti a Giorgia Meloni, Giuseppe Conte sino a Casa Pound. E ancora oltre negli anni Berlusconi, Renzi e oggi Calenda. Insomma, grosso modo dicono tutti bene le stesse cose e razzolano male per cui la gente non va a votare.
Ma in Germania la Signora sarà sicuramente una novità politica soprattutto per Ucraina e Gaza, romperà le… all’anemico Scholz, che peraltro di sinistra non ha mai pensato di essere, semmai l’erede triste della Merkel.
Ben venga anche un suo modesto successo se porterà via voti ai neonazi nei land dell’est, poi, nel caso mandi qualcuno a Strasburgo, vedremo se voterà anche lei, come la Meloni, per la conferma della Von der Leyen in nome della Deutschland über alles.