Siamo con Luca Rondoni, curatore d’arte, organizzatore di eventi ed esperto di marketing culturale. Da oltre vent’anni in questo settore, una passione ereditata dal papà Manlio, artista di fama internazionale, poeta, cantante e uno dei maggiori traduttori dello chansonnier Georges Brassens.
Luca ha organizzato negli anni mostre d’arte in Europa e nel mondo, in particolare in Messico e Brasile, luoghi dove ha lavorato e vissuto, e curato iniziative culturali in molte parti d’Italia. Da qualche tempo ha iniziato a collaborare con noi e abbiamo colto l’occasione per fare una chiacchierata.
Luca, perché hai accettato di realizzare per noi la rubrica “Arte come Spunta”?
Io parto da un presupposto: per me l’arte è tutta contemporanea. Ovvero, una notizia d’attualità, anche di grande impatto, può essere letta attraverso l’arte, perché l’arte ha un linguaggio universale. L’arte può aiutarci a comprendere meglio ciò che stiamo vivendo ora.
Quindi l’arte è denuncia oppure è solo provocazione?
L’arte è profonda quando ha una storia da raccontare. L’arte ha il merito di avere una narrazione e può essere interpretata. Tantissime opere sono nate per provocare, quindi sì, sono una provocazione nel senso letterale del termine. Basta pensare al Guernica di Picasso. Quindi la provocazione è insita nell’animo dell’artista.
Nella rubrica io metto a confronto due immagini. Penso alla puntata zero, dove ho paragonato la Pietà di Michelangelo a una foto scattata a Gaza che rappresenta appunto la “Pietà di Gaza”. Per me conta sempre ciò che l’artista voleva raccontarci.
Quindi l’arte è politica?
L’arte racconta i sentimenti universali dell’uomo. La politica si occupa dell’uomo, quindi il legame è indissolubile. L’arte è anche politica. Senza la politica, gli artisti non avrebbero così tanti argomenti su cui riflettere. Senza la politica, gli artisti non riuscirebbero a fermare l’opera nel tempo, a renderla al contempo rappresentazione di quel momento e linguaggio universale. L’artista, attraverso l’estetica, genera una riflessione sui sentimenti universali dell’uomo.
Quindi con “La Spunta” continuerai in questo lavoro di rendere l’arte accessibile a tutti?
Nelle prossime settimane ci saranno nuove riflessioni, nuovi momenti di analisi. Il mio intento è di avvicinare l’arte anche a chi non ha mai pensato a quell’orizzonte come a una passione possibile. L’arte, però, può entrare nei cuori di tutti.
Mi piace la sfida de “La Spunta”, perché mi consente di raccontare delle storie. E per me l’arte è ridondante se non racconta delle storie. Nell’arte vera, fruitore e artista si fermano insieme in quel momento, si allineano per dare una comprensione univoca. Questo mi emoziona dell’arte. Con “La Spunta” quindi inizierò anche a scrivere, perché credo che gli obiettivi devono sempre essere di crescita.
Come nasce la rubrica, come la pensi?
Realizzando una rubrica per un giornale, devo sempre partire dalla notizia, da quella che la redazione ritiene un fatto interessante da analizzare attraverso il mio punto di vista. Quindi, partendo dalla notizia, cerco l’opera che più si adatta a spiegare il momento storico, o il fatto di cronaca o di politica. Spesso sono le opere più iconiche a darci la chiave di lettura più potente per poter interpretare il presente. La storia ci ha consegnato una collezione d’arte che ci permette di decodificare anche questo mondo così complicato, astruso, violento, egoista. L’arte, tuttavia, ha anche il potere di trasmettere speranza, una speranza che va oltre il presente, capace di illuminare ciò che è oscuro e complesso. Ed è proprio da questa forza rigeneratrice che desidero partire; aprire spazi di riflessione profonda, creando un terreno comune su cui chiunque, indipendentemente dal proprio percorso, possa interrogarsi e trovare nuovi significati. Attraverso l’opera, si può accedere a una dimensione in cui l’umano dialoga con l’universale, e da lì partire per comprendere meglio il mondo che ci circonda.