A giugno 2024 le vendite al dettaglio calano dell’1,0% in valore e dell’1,8% in volume.
Le vendite dei beni non alimentari diminuiscono sia in valore sia in volume (rispettivamente -1,7% e -1,9%).
Questi i dati resi noti dall’ISTAT che evidenziano lo stato di difficoltà degli italiani a far quadrare i conti.
Una Italia tutt’altro da bere, visto che scendono i consumi alimentari.
Le famiglie spendono di meno, prediligendo le grandi catene discount, ma diversamente dai mesi precedenti dove calavano i consumi in volumi acquistati, ma aumentava il valore – ovvero i soldi guadagnati dalla gdo -, questa volta si registra il calo anche dei ricavi da parte delle aziende alimentari e non solo.
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali negative per quasi tutti i gruppi di prodotti.
Risultano in aumento solo i Prodotti di profumeria, cura della persona (+3,3%) e foto ottica e pellicole, supporti magnetici, strumenti musicali (+2,5%), mentre registrano il calo più consistente calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-5,1%) e mobili, articoli tessili, arredamento (-5,0%).
Insomma una contrazione che fa il paio con l’aumento dell’inflazione a luglio al 1,3%, in crescita rispetto al dato del mese precedente, e al crack delle borse mondali, disorientate e preoccupate per la recessione che avanza inesorabilmente nei paesi maturi dell’Occidente. Europa ed America su tutte.
C’è dunque preoccupazione perché l’Italia è in recessione, anche se nessuno vuole ammetterlo dalle parti di palazzo Chigi.
Preoccupate anche le associazioni di categoria
“Il potere d’acquisto è in ripresa, i consumi no“, afferma Confesercenti. Si tratta di “un vero e proprio enigma: a fronte di un aumento del reddito disponibile del 3,5% fra il primo e secondo trimestre 2024, solo in minima parte eroso dall’inflazione (0,2 punti), la spesa delle famiglie è aumentata appena dello 0,5%. Questo significa che della crescita di 9,1 miliardi del potere d’acquisto, solo 1,6 miliardi sono stati effettivamente destinata a nuovi consumi”.
Per la spesa della famiglia si conferma uno “stallo che desta allarme, probabilmente dovuto alla ripresa del risparmio da parte degli italiani ma anche causato dall’incertezza sul futuro generata dalle tensioni internazionali“. È “un segnale che desta preoccupazione, in un quadro caratterizzato invece da un reddito disponibile in recupero, da un’occupazione che continua a registrare andamenti positivi e da una dinamica inflattiva in netto ridimensionamento”.
Per Confesercenti anche “la politica ancora troppo restrittiva della Bce gioca la sua parte: il governo deve premere per un allentamento o la domanda interna resterà paralizzata“.7
E’ evidente che se i salari hanno avuto un lieve aumento per via dei rinnovi dei Contratti nazionali delle categorie di lavoratori più rappresentativi, appare evidente che gli italiani, piuttosto che spendere questi soldi, li stiano utilizzando per pagare altro.
Magari bollette o debiti che si sono accumulati in questi mesi, o per mettere da parte qualche euro, visto che a breve ripartirà la scuola e l’università e per le famiglie significa spendere centinaia di euro per i libri e per le rette universitarie.
Secondo L’Unione dei Consumatori i dati “Sono pessimi. Si ritorna a mangiare meno cibo. Italiani costretti questa estate a una cura dimagrante forzata. Scendono le quantità di cibo vendute, sia su base annua, -1,6%, che rispetto a un mese fa, -0,3%“, spiega il presidente Massimiliano Dona.
“Secondo lo studio dell’associazione se si traduce in euro il calo dei volumi consumati su giugno 2023, le spese alimentari per una famiglia media scendono su base annua di 93 euro a prezzi del 2023, quelle non alimentari di 337 euro, per un totale di 430 euro. Una coppia con due figli acquista 129 euro in meno di cibo e 466 euro di beni non alimentari, per una cifra complessiva di 595 euro, mentre per una coppia con un figlio sono 117 euro in meno per mangiare“, afferma il presidente Dona.
“Un segnale dei molteplici elementi di fragilità che caratterizzano l’attuale fase congiunturale“, commenta invece la Confcommercio.
“Questa situazione – prosegue la Confcommercio – non sembra destinata a modificarsi nel breve periodo in considerazione dei segnali che emergono dalla produzione industriale, che anche a giugno ha registrato andamenti negativi, sia congiunturali che nel confronto annuo, per la produzione di beni di consumo. Si chiude, dunque, una settimana ricca di dati congiunturali complessivamente meno buoni delle attese”