La spesa delle famiglie è ancora in affanno: il dato ISTAT sulle vendite al dettaglio del mese di luglio ci consegna un quadro di debole miglioramento, con una variazione media delle vendite anno su anno positiva in valore, dell’1%, e leggermente sopra lo zero in volume, ad indicare che la spesa in termini reali arranca e non riesce a superare la dinamica dei prezzi, seppur in forte contrazione.
Inoltre, nel periodo gennaio-luglio le vendite in volume sono ancora ampiamente in campo negativo, -1%, ed in particolare mostrano segnali di forte criticità le piccole imprese con una variazione negativa che raggiunge l’1,8%.
Questa dati non sono per nulla confortanti tanto da far esprimere preoccupazione tra le associazioni di categoria e dei consumatori. Secondo la Confesercenti “Nonostante il mese dei saldi di luglio, nel comparto non alimentare le vendite di abbigliamento e pellicceria crescono solo dello 0,8%, aumento che temiamo trainato da web e grande distribuzione: secondo un sondaggio condotto tra i nostri associati in occasione dei saldi estivi da poco terminati nella maggior parte delle regioni italiane, il 61,9% delle piccole imprese della distribuzione moda che abbiamo interpellato ha registrato vendite inferiori rispetto allo scorso anno, mentre solo il 27,9% segnala una performance stabile e appena il 10,2% in crescita.“
Anche la Confcommercio esprime criticità dalla lettura dei dati ISTAT. Commentando i dati delle vendite al dettaglio di luglio, il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, ha precisato che “non desta entusiasmo la modesta crescita in volume registrata a luglio dalle vendite al dettaglio, peraltro depotenziata dalla revisione al ribasso della stima per il mese di giugno. Non si modifica, dunque, una situazione che sul versante dei consumi, in particolare di beni, rimane molto fragile. Gli indici dei volumi acquistati, al di là di piccole oscillazioni mensili, sono fermi sui valori di fine 2023 e rimangono negativi nel confronto annuo, come, peraltro, evidente anche dalle più solide evidenze della contabilità trimestrale: cresce il reddito reale, resta bloccata la spesa. Al netto della componente inflazionistica, nei primi sette mesi di quest’anno i piccoli negozi registrano cali di oltre il 16% rispetto all’analogo periodo del 2018, a fronte di un raddoppio dei volumi transitati dal canale virtuale. Particolarmente penalizzati, oltre agli acquisti di alimentari, sono stati l’abbigliamento, le calzature e i mobili. Non può stupire, di conseguenza, la progressiva riduzione dei livelli di servizio commerciale di prossimità nella maggior parte delle città italiane“
Anche il Codacons esprime la sua preoccupazione sull’orientamento dei cittadini verso i consumi. Così Carlo Rienzi “I numeri dimostrano purtroppo come l’onda lunga del caro-prezzi continui ad avere effetti sui comportamenti di spesa degli italiani, portandoli a tagliare i consumi alimentari e spingendo le famiglie sempre più verso i discount, esercizi che segnano la più forte crescita delle vendite nel 2024, pari al +3% su base annua“
Insomma nonostante ci sia stato un sensibile miglioramento dell’aumento delle retribuzioni per via dei rinnovi di alcuni CCNL di categorie importanti, le famiglie per far fronte comunque agli aumenti che si sono stati, come quelli energetici e quelli scolastici e quelli dei prodotti in genere, compresi quelli alimentari, cercano di risparmiare ancora il più possibile.
Di fatto la crescita tarda ad arrivare, mentre la cresce l’attesa per conoscere quali idee presenterà il governo per la manovra economica e gli impatti sulle famiglie italiane