È veramente desolante vedere quanto si sta verificando e cosa stiamo scoprendo sui lavori del bosco dell’Artemisio.
Da una parte il dirigente che dice che l’attenzione è alta e che ci sono relazioni sistematiche e puntuali, dall’altra un consigliere comunale che ha chiesto gli atti allo stesso Comune e che scopre dalle relazioni ulteriori danni al patrimonio boschivo.
Un segretario di una lista civica, autore dell’esposto alla Procura della Repubblica, oggi in maggioranza con quattro consiglieri, non riesce ad incidere per fare, quanto meno, chiarezza su questa vicenda.
In tutto ciò una ditta che, in forza ad un articolo del codice degli appalti, supera la sospensione della concessione e continua a tagliare.
Ma in che modo? Con quali benefici per la collettività?
Abbiamo chiesto al dirigente arch. Candidi se nelle foto che abbiamo pubblicato, nei numeri precedenti, registrasse delle anomalie, limitandosi a dire che l’attenzione è massima. Secondo i politici no.
E allora siamo andati in montagna, ma soprattutto i cittadini ci stanno mandando fotografie recenti della situazione del bosco, perché vale la pena ricordare il bosco è un patrimonio demaniale dei cittadini.
Ecco le foto degli sbancamenti (non troviamo altri termini la vedete in apertura dell’editoriale nd.r.) effettuati in zona Tevola. Foto che fanno male solo a guardarle, ed allora architetto Candidi, vorremmo proprio capire come sia possibile passare con i cingolati su questa area, invece che con i trattori gommati? vorremmo capire come sarà possibile ripristinare lo stato dei luoghi?
E cosa succede se dovesse arrivare una delle cosiddette bombe d’acqua? Nella foto che riportiamo si vede cosa è arrivato in via del marrone dopo un breve acquazzone di qualche giorno fa.
E’ normale o il rischio idrogeologico non è poi così peregrino?
Proprio facciamo fatica a comprendere come sia possibile che un direttore dei lavori non si accorga di tutto ciò, visto che dovrebbe far rispettare le norme?
Come sia possibile che un sovrintendente tecnico, redattore dei progetti di taglio nei quali ha incluso vincoli, prescrizioni e modalità di taglio, non si accorga di tutto ciò?
I due guardiaboschi che hanno l’obbligo di relazionare il comune sulle attività di taglio, perché sono stati inseriti come elementi di garanzia del comune, hanno fatto le segnalazioni?
I vigili urbani a cui sarebbe demandato il controllo e il rispetto dei progetti, avranno stilato le loro relazioni, avranno reso edotti i dirigenti e l’amministrazione comunale?
I guardiaparco dei Castelli Romani, che hanno anche potere di sanzionare violazioni della 1497 trovano tutto ciò normale?
Il sindaco Cascella, che ci dicono essere abbastanza accentratore, si sarà informato?
L’attuale assessore ai lavori pubblici, Fausto Servadio, nel 2018 sindaco PD che concretizzò la concessione decennale ed oggi assessore della giunta Cascella si sarà informato di come procede questa vicenda o è troppo preso dai lavori per il PNRR?
Come è stato possibile che una concessione d’uso sospesa possa proseguire applicando l’articolo 80 del codice degli appalti?
Abbiamo letto l’articolo 80 del codice degli appalti che all’articolo 1 recita cosi: “Costituisce motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto o concessione, la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale”.
Quindi, in attesa di giudizio definitivo possono procedere nel continuare a tagliare i boschi?
Qualche dubbio rimane, perché questo articolo si dovrebbe attuare laddove un operatore economico voglia partecipare ad una gara o ad una concessione e non in corso d’opera, dopo avere accertato dei danni a suo carico, almeno stando a sentire qualche togato.
La riattivazione della concessione andava discussa innanzi al Tar e non tra gli avvocati della ditta e quelli del comune di Velletri.
Ora ammettendo che sia anche possibile applicare l’articolo 80, è anche vero però che nella concessione è, per altro, evidenziato che il Comune possa revocare la concessione se a conoscenza di danni accertati e reiterati, ed a quanto pare questi danni accertati e reiterati ci sono, a leggere i collaudi eseguiti.
Ed allora perché Pocci prima e Cascella adesso non hanno proceduto e non procedono a revocare la concessione?
Per come si sta mettendo la vicenda e le implicazioni che potrebbe riservare, a noi de laspunta ci sembrano essere più ombre che luci.
Intanto bisogna dire che la ditta che si è aggiudicata la concessione deve dare al comune circa 2 milioni e mezzo di euro. Tanto vale, secondo le stime eseguite, la concessione decennale per la gestione di 577 ettari di bosco. Una cifra congrua?
Secondo alcuni esperti di settore la gestione silvoculturale dei tagli su 577 ettari di bosco potrebbe valere per la ditta, un ritorno economico due o tre volte superiore al costo della concessione.
Presumendo queste stime, parleremmo quindi di un ricavo ipotizzabile tra i 5 e i 7 milioni di euro. A noi sembrano tanti soldi.
E ci viene in mente una proverbiale citazione di Giulio Andreotti “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”