Cominciamo col dire che nonostante la sala delle armi fosse piena in ogni odine di posti e la gente è rimasta anche nella sala attigua, si è notata fortemente l’assenza del Parco dei Castelli Romani, inviato alla conferenza che si è svolta a Genzano presso il palazzo Sforza Cesarini sul Futuro del nostro parco per salvare boschi e laghi organizzato dal Comitato Protezione Boschi dei Colli Albani.
I vertici del Parco, Commissario e Direttore si saranno sentiti in imbarazzo nel partecipare ad una conferenza nella quale gli esperti coinvolti, dati alla mano, hanno sciorinato i problemi e i rischi neanche troppo lontani che il territorio sta vivendo.
Se avessero partecipato, avrebbero anche imparato qualcosa su come le foreste regolano il ciclo vitale, l’interscambio che avviene tra le radici, del recupero e della filtrazione dell’acqua fino alle falde e di come i laghi stiano soffrendo per le continue urbanizzazioni e perdite idriche nelle condotte.
Argomenti che hanno da una parte affascinato e dall’altra preoccupato e molto i presenti, che hanno ascoltato con grande attenzione quanto detto da Emanuele Loret, biologo idrologo che ha parlato della conformazione dei laghi dei Castelli e dei rischi collegati alle continue e sempre più numerose captazioni e di Alessandro Bottacci, scienziato forestale, che ha spiegato con parole semplici ma molto efficaci il ruolo dei boschi e come la miopia dell’uomo con i tagli ripetuti rischia di compromettere l’intero ecosistema.
Ad incardinare la conferenza sono stati gli animatori del Comitato Protezione Boschi dei Colli Albani, Doris Ercolani che ha presentato il Comitato, ma soprattutto come è nato e le tante iniziative messe in campo in un solo anno di attività. Dalle passeggiate nei boschi alle proverbiali “secchiate” a tutela dei Laghi.
Andrea Silvestri che ha illustrato come alcuni comuni tra cui Rocca di Papa e Velletri abbiamo messo a taglio 1300 ettari di bosco ceduo a Rocca Di Papa e 500 ettari a Velletri e come il Parco consideri naturale poter tagliare i 7500 ettari disponibili. Tagli rotativi intensivi ogni venti anni che servono solo ai comuni per incassare dei profitti, tra l’altro neanche significativi, a vantaggio delle aziende boschive che effettuano i tagli, rivendendo il legnatico.
Enrico del Vescovo, che rappresenta anche Italia Nostra ha fatto un veloce focus sulle nuove condotte che Acea vuole realizzare per ampliare la captazione di acqua dal lago di Albano.
A prendere la parola per primo Emanuele Loret che ha fatto un escursus sulla conformazione dei laghi dei Castelli degli strati con cui sono composti, degli emissari che oggi sono visitabili per alcuni tratti a piedi.
Loret ha raccontato come l’emissario del lago di Nemi sia stato realizzato nel 4 secolo con una lunghezza di 1750 metri contro i 1450 del lago di Albano, e di come i diversi strati depositati nei vulcani abbiano creato diverse falde. Ha anche detto che fino a pochi anni fa i 1200 millimetri anno di acqua piovana erano sufficienti, date le condizioni per alimentare le falde e di come la siccità degli ultimi anni, sommata al cambiamento demografico ed urbanistico del territorio abbiano prodotto gli effetti che sono visibili a tutti.
Ha inoltre aggiunto come nei documenti di Acea si parli delle difficoltà di alimentazione del Simbrivio, che sta andando sotto la capacità storica e della necessità di utilizzare le fonti del Pertuso e della Doganella, che porterà ad una criticità ed al rischio di siccità.
“Il lago di Albano si è ritirato di 124 metri nel 2024 rispetto al dato originario.” Ha detto Loret sottolineando come questo fenomeno sia caratterizzato da più fattori. “In questi anni i dati ci dimostrano come molti abitanti da Roma si siano spostate ai Castelli e come i comuni hanno prodotti interventi di natura urbanistica che hanno portato alla trasformazione del territorio, per cui dove prima c’erano vigne e oliveti, oggi ci sono complessi edilizi o industriali , fenomeno a cui si deve aggiungere anche l’abusivismo edilizio, comportando la perdita del 20% della superficie cosiddetta libera” Ha aggiunto il Biologo
“Questo ha generato un aumento della popolazione che oggi si attesta intorno ai 350 mila abitanti e quindi sempre di più la necessità di utilizzo di acqua dolce portando così il lago di Albano ad essere sette metri sotto il livello dell’emissario.” Ha poi sciorinato alcuni dati
“Il fabbisogno stimato è di 46 milioni di metri cubi l’anno con un 44% di media di acqua che si perde nel tragitto delle tubazioni. Di questi 9 milioni di metri cubi captati dal lago di Albano per rifornire, Ariccia, Albano e Castelgandolfo oltre al calcolo degli abusivi che andrebbe certificato. Per uso civile si consumano 31 milioni di metri cubi a cui bisogna aggiungere i 34 milioni di metri cubi captati per le attività industriali ed agricole. Di fatto si utilizzano 65 milioni di metri cubi di acqua ogni anno contro i 46 del fabbisogno e questa acqua in più viene prelevata dalle falde.“
Un prelievo sempre maggiore al quale, per evitare problemi di prosciugamento dei laghi si potrebbe intervenire, secondo Loret, riducendo del 50% la captazione dai laghi per riportare nel tempo, non meno di una decina d’anni l’acqua al livello dell’emissario.
E’ stata poi la volta di Alessandro Bottacci che ha spiegato come la logica del taglio ceduo ripetitivo sia solo un aspetto legato allo sfruttamento dell’uomo che vuole realizzare a danno dei boschi e dell’ecosistema. “I boschi e le foreste non hanno gli stessi tempi dell’uomo – ha detto Bottacci – e le foreste come i boschi si regolano da sole. Sono organismi viventi che debbono potersi sviluppare. Continuare a tagliare i boschi cedui comporta una serie di problemi, tra l’esposizione del terreno al calore del sole che genera l’impermeabilizzazione dei terreni ed aumenta la produzione dell’anidride carbonica, la residua capacità di assolvere al ciclo completo di trasformazione della traspirazione delle piante e dello scambio radicale tra le stesse.” Ha detto lo scienziato toscano.
“L’acqua e le foreste sono strettamente collegate tra loro e se continuiamo a tagliare, riduciamo anche la capacità di raffreddare la temperature e quella idrica. Le foreste sono sistemi complessi autopoietici, ovvero che si governano da soli. Se le piante non vengono tagliate, ciclicamente muoiono e rinascono, le radici si collegano e si trasmettono informazioni, le piante cosiddette madri, quelle più vecchie aiutano le altre piante nella trasmissione e regolazione delle sostanze necessarie al loro sviluppo. Le connessioni avvengono attraverso i batteri e la micorizzazione, attraverso quello che viene definito il mosaico strutturale” Ha continuato Bottacci
“Le foreste più si sviluppano e più le piante sono alte meglio assolvono al loro ruolo di regolazione dell’umidità del rilascio della stessa in atmosfera contribuendo a creare le correnti umide che trasportano l’acqua a migliaia di chilometri di distanza, alla regolazione dell’acqua che filtrata arriva in profondità grazie alle radici e si ricolloca nelle falde. Tagliare gli alberi ogni 20 o 40 anni significa tagliare piante giovani e quelle che rimangono fanno molta più fatica. Vengono lasciate solo poche piante per ettaro, questo provoca la creazione di graminacee che non assolvono allo stesso compito di una foresta matura. Bisogna considerare che per 1 metro cubo di terreno si possono sviluppare 100 chilometri di radici se le foreste vengono lasciate fare il loro corso” Ha affermato Bottaci che ha spiegato come nelle grandi città si stanno creando aree verdi di foreste e boschi che non vengono toccati e che servono proprio a mantenere questo equilibrio
“Per avere una foresta vitale bastano 500 ettari. Va cambiata la metodologia e questa impostazione per la quale il bosco ceduto debba essere sfruttato in questo modo. C’è solo una logica legata al profitto“ Ha tirato dritto Bottacci “Sviluppare le foreste significa avere alberi alti anche 60, 70 metri contro i 15 metri di oggi .Tagliare le piante ogni 20 anni significa avere un bosco orfano. Il taglio ceduo interrompe e azzera il processo di sviluppo e di rigenerazione delle foreste, basti pensare che oggi il livello di anidride carbonica concentrata è di 441 parti per milione, proprio per lo sfruttamento intensivo delle foreste. In Italia abbiamo una provvigione di volume di foreste pari a 165 metri cubi per ettaro mentre in Germania di 320 metri cubi per ettaro” Ha affermato Bottacci che poi ha illustrato alcune slide relative ai castelli e alla perdita di copertura forestale
“Si sono persi 1130 ettari di copertura forestale, pari all’11% per effetto di tagli e di urbanizzazioni. “Per un profitto effimero si producono danni duraturi” Ha sottolineato Bottacci che ha concluso dicendo “La comunità europea ha recepito questi problemi e la strategia europea fissa nel 30% il territorio che deve essere conservato e il 10% per cento in maniera integrale“