Il conflitto tra Israele e Libano ha raggiunto un nuovo livello di brutalità. Le forze armate israeliane hanno scatenato una serie di bombardamenti massicci sul Libano meridionale, causando la morte di almeno 569 persone, di cui 50 bambini. Decine di migliaia di civili stanno fuggendo dalle loro case, cercando disperatamente rifugio, mentre il Ministero della Salute libanese continua a registrare un numero crescente di vittime.
I ministri degli Esteri di Egitto, Iraq e Giordania hanno accusato Israele di “aggressione” e di spingere la regione verso una guerra totale. Questo conflitto non è isolato: si inserisce in un quadro più ampio di tensioni che coinvolgono altri attori regionali, tra cui Hezbollah, supportato dall’Iran, che ha subito gravi perdite ma non sembra intenzionato a cedere.
Un’escalation inarrestabile in Gaza
Mentre i cieli del Libano vengono squarciati dalle bombe israeliane, la situazione a Gaza non è meno drammatica. Gli attacchi aerei israeliani sulla Striscia hanno provocato almeno 41.495 vittime e oltre 96.000 feriti. La distruzione sistematica delle abitazioni civili è un chiaro segnale di una campagna di annientamento che non distingue tra obiettivi militari e civili. Le scene di devastazione sono accompagnate da immagini di intere famiglie uccise, come nel caso di una madre e i suoi cinque figli, morti sotto le macerie a Rafah.
La comunità internazionale, pur condannando formalmente questi atti, fatica a prendere misure concrete per fermare l’aggressione israeliana. Mentre il primo ministro israeliano Netanyahu continua a godere del sostegno diplomatico e militare degli Stati Uniti, le accuse di crimini contro l’umanità si moltiplicano. L’Europa è completamente ferma sul piano diplomatico, arrivando a livelli di irrilevanza politica mai raggiunti prima.
Le accuse di terrorismo contro Israele
È impossibile ignorare la sproporzione delle azioni militari israeliane rispetto all’attentato del 7 ottobre di Hamas, in cui hanno perso la vita almeno 1.139 israeliani. Le operazioni di Israele, invece di essere mirate, si stanno trasformando in una punizione collettiva nei confronti di intere popolazioni. L’uso di mezzi estremi, come l’esplosione di cercapersone e walkie-talkie utilizzati anche da civili in Libano, solleva gravissime questioni di diritto internazionale. Tali azioni, che mirano deliberatamente a infliggere danni alla popolazione civile, rientrano nella definizione di terrorismo.
Israele, sotto la guida di Netanyahu, ha continuato a spingere i confini della legalità internazionale, violando ripetutamente le convenzioni umanitarie. Questi atti, spesso mascherati come operazioni di sicurezza, rappresentano una minaccia per la stabilità di tutta la regione.
La repressione in Cisgiordania
Non meno grave è la situazione in Cisgiordania, dove l’occupazione militare israeliana continua a colpire indiscriminatamente la popolazione palestinese. Le forze israeliane effettuano regolarmente incursioni nei campi profughi, arrestando decine di palestinesi e utilizzando la violenza contro la popolazione civile. Solo nelle ultime ore, le incursioni a Beit Furik, Salem e Asira ash-Shamaliya hanno portato all’arresto di numerosi giovani palestinesi.
Gli scontri in Cisgiordania non sono solo una questione di ordine pubblico: sono parte integrante della politica repressiva di Israele, che mira a spezzare qualsiasi forma di opposizione. La strategia israeliana, che mescola repressione militare e colonizzazione forzata, ha trasformato la Cisgiordania in un vero e proprio campo di battaglia per il controllo del territorio.
La posizione della comunità internazionale
Mentre i bombardamenti proseguono, cresce la frustrazione per l’immobilismo della comunità internazionale. Se da un lato diversi leader mondiali, come l’emiro del Qatar, hanno accusato Israele di genocidio, dall’altro le azioni diplomatiche concrete per fermare questa violenza rimangono scarse. Anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, pur ospitando accese discussioni sul conflitto, non sembra in grado di prendere decisioni risolutive.
In tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti, si moltiplicano le manifestazioni per chiedere la fine dell’intervento israeliano a Gaza e in Libano, ma il sostegno militare statunitense a Israele rimane un ostacolo insormontabile. Gli attivisti denunciano l’ipocrisia della comunità internazionale, che condanna formalmente la violenza ma continua a fornire armamenti al governo israeliano.
Questo conflitto, lungi dall’essere risolto, sembra destinato a protrarsi, con conseguenze devastanti per la stabilità della regione e per la vita di milioni di civili.