Se non fosse vera questa storia sarebbe incredibile da raccontare. E abbiamo fatto fatica a capire come si possa abbandonare un minore, anche leggendo le carte processuali.
Nel raccontare la storia useremo dei nomi di fantasia per indicare i genitori e la sorella, pur conoscendoli avendo letto gli atti processuali, di cui siamo in possesso.
Quella che raccontiamo è la storia di due sorelle, di una in particolare, giunte in Italia con un lungo percorso di adozione internazionale, la cui vita non è stata certo facile, soprattutto dopo l’arrivo nel suolo Italiano.
La vicenda nasce nel 2010. Siamo in Ungheria. Quattro bambini, due maschietti e due femminucce, vengono tolti dai loro genitori naturali. Vessazioni, angherie, violenze fisiche, sessuali e morali, questo lo scenario sconvolgente, di questi bambini che vengono mandati in un istituto.
Intorno a queste situazioni si muovono sempre associazioni che si prodigano per far avere a questi bambini, già fortemente segnati dalla vita, un futuro diverso.
Arriva così una richiesta di una coppia di Velletri per l’adozione di due bambine. Iniziano i contatti e gli approfondimenti. La coppia di Velletri, Simone e Carla (nomi di fantasia ndr), si recano in Ungheria a conoscere quelle che diventeranno da lì a breve i loro figli adottivi, Vanessa e Gina (nome di fantasia ndr) di 12 e 8 anni.
Sembra andare tutto bene e si decide per l’affido alla coppia di veliterni. Il 7 marzo del 2012 le due bambine accompagnate dai genitori affidatari arrivano a Velletri.
Ma l’ambientazione, in un paese nuovo, una situazione nuova, soprattutto per Vanessa, che parla pure poco l’italiano, risulta essere complicata. Vanessa sente anche il distacco dai due fratelli che cerca di contattare frequentemente, anche loro rimasti in casa famiglia in Ungheria e poi da adulti si trasferiranno in Austria dove vivono attualmente.
Vanessa è una adolescente, già turbata e provata, avrebbe bisogno di affetto e di sostegno. A casa dei nuovi genitori, nonostante i tentativi e forse anche per l’incapacità di gestire questa situazione da parte dei genitori adottivi – come dimostreranno le relazioni e le carte del Tribunale dei minori – la situazione non migliora.
Vanessa tenta di scappare una prima volta, ad aprile. Poi successivamente a giugno, trovando dei farmaci a casa, li assume.
La corsa all’ospedale di Velletri per scongiurare il peggio. A questo punto però la storia di Vanessa e di Gina prenderanno due strade diverse, tortuose, complicate, che ancora oggi segnano i rapporti tra di loro e con la coppia affidataria.
Superato il tentativo di suicidio, Vanessa non torna più a casa, viene affidata ad una casa famiglia, con un decreto del Tribunale dei Minori del giugno del 2012. Un trasferimento in una casa famiglia per un progetto di recupero al fine di un eventuale reinserimento familiare, che non ci sarà.
La famiglia affidataria si tira indietro, non se la sente di affrontare la situazione.
La piccola Vanessa viene trasferita dall’ospedale di Velletri ad una casa famiglia della Capitale, la Fiore del Deserto.
Vanessa ora è sola, abbandonata anche da i genitori adottivi e la sua situazione non è certo migliore della sua permanenza in Ungheria. Si sente tradita, ancora una volta, come emergerà dalle relazioni cliniche.
I servizi sociali e il Tribunale dei minori sono sulla vicenda, arrivano le prime sentenze e disposizioni.
Recita così infatti la sentenza a firma del giudice Cavallo del 14 aprile del 2013: “tenuto conto delle articolate risultanze istruttorie della valutazione di inadeguatezza della coppia adottiva a gestire la situazione psicopatologica della minore espressa dal Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile dell’Università Sapienza di Roma, delle osservazioni delle interazioni con la minore periodicamente trasmesse dalla casa famiglia “Fiore del Deserto” nonché dal lavoro clinico svolto dalla dottoressa Daniela Viaggiano psicoterapeuta di Vanessa che ne descrive il grave malessere per il tradimento che sente di aver ricevuto e i rischi del permanere in una situazione di mancata definizione della sua appartenenza. Tenuto conto della dichiarazione di rinuncia resa dai coniugi (omissis…) in date 07/03/2013, rigetta l’istanza di trascrizione dell’adozione della minore Vanessa (omissis).
Ritiene opportuno confermare il collocamento della minore presso la casa famiglia Fiore del deserto.”
Il dispositivo del Tribunale dei minori poi prosegue affermando che “la casa famiglia, in collaborazione con il servizio sociale competente attiverà ogni utile intervento volto a favorire il superamento della nuova esperienza di abbandono vissuta. Visto lo stato emotivo del minore caratterizzato da profonda frustrazione e depressione per la sua condizione ed estremamente sofferente per il rifiuto che sente di ricevere dai genitori adottivi.”
Il dispositivo prosegue poi decretando la necessità di Vanessa di mantenere il legame con la sorella Gina, disponendo visite mensili “rappresentando l’unico legame con la sua storia e le sue origini”. Gina dovrà essere accompagnata dai genitori adottivi.
La vita di Vanessa però non migliora, le visite mensili della sorella Gina si diradano, non sono più continue. A dicembre dello stesso anno il Tribunale dei minori dispone per le due sorelle “un percorso presso il centro Giorgio Fregosi di Roma per valutare, attraverso incontri protetti la qualità e la rilevanza della relazione tra le due sorelle, nonché la realizzabilità di una continuità della relazione stessa, alla luce della posizione assunta dai genitori adottivi”.
Questa decisione viene assunta perché da aprile ad ottobre del 2013 Vanessa aveva potuto vedere per sole tre volte la sorella Gina, con motivazioni diverse accampate dai genitori adottivi per non effettuare gli incontri, tra le quali sintomi psicosomatici e momenti di alta tensione di Gina quando doveva incontrare la sorella, come riportato nel decreto del Tribunale dei Minori.
Vanessa ora è sola, senza più neanche il legame di sangue. La vita di comunità prosegue tra alti e bassi, Vanessa trova delle difficoltà ulteriori, nel 2015 scopre che la sua famiglia affidataria l’ha abbandonata rinunciando all’adozione.
Vanessa reagisce male, non capisce, è una adolescente problematica e il 15 dicembre del 2017 il Tribunale dei minori decide, sulla base delle relazioni, di trasferire la giovane Vanessa presso un’altra casa famiglia terapeutica “Progetto Amalia”, in provincia di Caserta a San Potito Sannitico.
Qui fa un percorso di recupero, tra alti e bassi, ma scopre che non risulta registrata in nessuna anagrafe, di fatto è un’apolide, senza data di nascita. Non risulta neanche iscritta all’anagrafe del comune di Velletri, il paese di adozione.
In un primo momento non ci fa caso, poi diventerà il suo problema, tanto che sarà costretta a denunciare i genitori adottivi per vedersi riconoscere la cittadinanza italiana.
Arriva poi la fatidica data del 18 compleanno. Una data che per tutti i giovani è motivo di festa, si raggiunge la maggiore età, si entra nel mondo dei grandi.
Per Vanessa invece è un giorno drammatico, sa che di li a pochissimo dovrà lasciare la casa famiglia, che non può tenere ragazzi maggiorenni. Prova un percorso di inserimento lavorativo, ma non lo completa.
A questo punto se ne va, si abbandona, girà vagabonda per le vie di Caserta, va a Roma, arriva a Napoli. Vive come può, di espedienti, frequenta persone sbagliate, dorme dove capita.
Poi incontra Bruno, un incontro casuale, che le salva la vita. Bruno è giovane anche lui, qualche anno più grande, l’accoglie nella casa paterna per qualche giorno, poi la permanenza si allunga, la frequentazione diventa amicizia, poi amore.
Per Vanessa inizia una nuova vita. Ma ha il problema di non vedersi riconoscere la cittadinanza, non può avere una carta di identità, un codice fiscale e decide di denunciare la famiglia adottiva per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana, visto che porta un cognome italiano.
C’è bisogno di trovare l’estratto di nascita. I genitori adottivi veliterni dicono di non averlo, neanche le due case famiglia. Ma dove è finito questo estratto di nascita? Dov’è questo estratto di nascita? In uno dei fascicoli del tribunale dei Minori? Bisognerà cercarlo. Se non si troverà bisognerà tornare in Ungheria.
Per questo motivo Vanessa intenta causa ai genitori adottivi e vince in entrambi i due gradi di giudizio, ottenendo il riconoscimento del cognome della ex famiglia adottiva.
Nel 2022 dopo la causa i genitori adottivi tornano a farsi vivi. Ricontattano Vanessa, riallacciano i rapporti.
È un ravvedimento? Non proprio. Anche la sorella Gina è scappata di casa. Vanessa la sente di rado.
I genitori adottivi le chiedono di aiutarli a farla tornare a casa. Vanessa la contatta, Gina a casa non ci vuole tornare, ma alla fine Vanessa riesce a convincerla.
Il rapporto con i genitori adottivi sembra migliorare. Al primo incontro tra Vanessa e i genitori adottivi, a Velletri, ci sono lacrime e richieste di perdono. Vanessa si tatua sul braccio i nomi dei genitori adottivi, ma fa delle domande che restano senza risposta.
Perché avete fatto decadere l’adozione? “Colpa della legge” le dicono i genitori che poi cambiano versione dicendo che era stata Gina (all’epoca dei fatti aveva 9 anni).
Ma per Vanessa, oggi in pace con sé stessa, interessava ricominciare un percorso nuovo. Riesce anche ad andare a lavorare, sporadicamente, nel banco di frutta e verdura che la famiglia adottiva di Velletri, gestisce nella Capitale.
Una storia a lieto fine? Purtroppo no.
Dopo un anno ad ottobre 2023 i rapporti con la famiglia adottiva di Velletri si interrompono, senza un apparente motivo.
Vanessa e Bruno restano perplessi anche perché la famiglia adottiva li aveva invitati in più di una occasione a trasferirsi in una delle proprietà di famiglia per tornare tutti insieme. Una richiesta che non era stata accettata perché Vanessa e Bruno lavorano a Napoli.
Oggi nella casa di famiglia ci vive la sorella Gina, anche lei ha interrotto i rapporti con Vanessa. Si sentono al telefono sporadicamente.
Oggi Bruno e Vanessa convivono. Vanessa è riuscita a superare il disagio, ha il coraggio, oggi, di parlarne a testa alta. Ha ripreso la sua battaglia per vedersi riconoscere il suo documento d’identità.
Ha vinto due cause contro l’ex famiglia adottiva, ora deve solo cercare il suo estratto di nascita che non si trova, non si sa che fine abbia fatto.
Ma soprattutto è decisa a farsi valere. “Questa vicenda mi ha segnato profondamente, mi ha causato danni. È arrivato il momento di fare i conti e qualcuno, questi conti, dovrà pagarli”.