Due ore e mezza di racconti, analisi e discussione sul fenomeno delle mafie e della criminalità organizzata si sono tenute a Velletri, durante un’iniziativa promossa da Libera, l’associazione fondata da Don Luigi Ciotti, in piazza Mazzini.
Una piazza gremita ha accolto i relatori e gli organizzatori dell’incontro pubblico. Circa duecento persone hanno assistito agli interventi di Gaetano Salvo, referente di Libera Roma, e Gianpiero Cioffredi, referente di Libera Lazio. Particolare attesa hanno suscitato gli interventi dei giornalisti Andrea Palladino e Alberto Nerazzini, che con la trasmissione “100 minuti”, in onda su La7, hanno acceso dibattiti e polemiche.
Tra il pubblico erano presenti anche diversi consiglieri di maggioranza e opposizione, tra cui Faliero Comandini, Andrea Bizzarri, Candida Zazzaro, Giuliano Cugini, Giulia Ciafrei e Sergio Andreozzi. Presenti anche Davide Zingaretti, responsabile di Azione ad Aprilia, e Caterina Viola, coordinatrice di Libera per i Castelli Romani.
Assente per impegni istituzionali il sindaco Ascanio Cascella, che in una lettera indirizzata a Libera ha espresso la sua disponibilità a cofinanziare un progetto di riqualificazione di un bene confiscato alla mafia.
Gianpiero Cioffredi ha dedicato un appassionato intervento proprio alla figura del sindaco, molto apprezzato dal pubblico presente.
Le Parole di Gianpiero Cioffredi
“Libera nasce da una intuizione di don Luigi Ciotti sul presupposto che non è possibile delegare la lotta alle mafie alla sola azione importante della Magistratura e delle Forze dell’Ordine. Le mafie dalla metà dell’800 vivono e si alimentano attraverso le relazioni sociali, con pezzi dello Stato, delle imprese, della politica. Non è di poco conto una comunità che si aggrega a capisce gli elementi di vulnerabilità da correggere. Il Lazio, e soprattutto questa zona e il sud pontino, è diventato un laboratorio dinamico e complesso unico in Italia, con uno scenario criminale dove convivono organizzazioni mafiose autoctone, straniere e mafia, camorra e n’drangheta. Secondo la testimonianza dei pentiti Capogna, si parla di oltre due miliardi di profitti del narcotraffico e allora dobbiamo capire quali sono gli elementi di criticità che hanno consentito il radicamento forte delle mafie in questo territorio.” ha esordito Cioffredi.
“Quei due miliardi del narcotraffico vengono reinvestiti, rientrano nell’economia legale, con l’acquisizione di pezzi importanti della nostra economia. Negli ultimi 5 anni ci sono state 67 mila operazioni finanziarie sospette, monitorate dalla Banca d’Italia. Questo denaro diventa investimento strutturale della nostra economia. Decine di imprese agiscono negli appalti pubblici. In provincia di Roma ci sono oltre 400 aziende confiscate alle mafie.” Ha proseguito il referente di Libera Lazio, sciorinando dati sulla permeabilità delle mafie nell’economia locale.
“La mafie si contornano dei migliori commercialisti, notai, avvocati, la cosiddetta borghesia mafiosa che al di fuori del sodalizio criminale, aiutano a fare operazioni di riciclaggio, di reinvestimenti.” ha puntualizzato Cioffredi.
“Nella mia esperienza di presidente dell’osservatorio antimafia della Regione Lazio pubblicavamo il rapporto annuale raccontando le inchieste della Magistratura e in questi rapporti emergeva la contiguità con la politica e puntualmente la politica, di qualsiasi schieramento, si lamentava di vedersi accostata a questi fenomeni, che secondo loro rovinava il nome della città di turno. Ma il nome di Velletri, di Anzio, Nettuno, Ardea non lo rovina il racconto, la narrazione giornalistica, lo rovina la presenza della criminalità organizzata. E non è possibile che le classi dirigenti e la società civile per dieci anni non si è accorge che succede qualcosa.
In questo territorio si sono affrontati, in una guerra senza esclusioni di colpi, due clan albanesi. Per anni questo fenomeno ha attraversato il territorio di Velletri, come in altre città, con un atteggiamento di omertà e di minimizzazione di questi fenomeni. Non è più possibile fare finta di niente.” ha detto Cioffredi.
“L’amministrazione comunale e la società civile devono rispondere e dire: noi stiamo dall’altra parte.
Se ci sono condizioni di vulnerabilità vanno conosciute e contrastate. Borsellino diceva la mafia e la politica occupano lo stesso spazio o si fanno la guerra o sono complici. Io vorrei dire al sindaco, proprio perché la dimensione è questa, perché nei territori il sindaco e l’amministrazione deve essere capofila della rivolta delle coscienze e con tutta la sobrietà possibile io dico che il diritto alla difesa sia sacrosanto e guai a pensare che l’avvocato che difende sia correo dell’imputato, assolutamente no, ma io credo che un sindaco di una comunità non possa difendere un esponente importante della criminalità organizzata, c’è un problema di opportunità, c’è una questione di segnare un discrimine netto tra la criminalità organizzata e l’amministrazione comunale.” ha ribadito l’esponente di Libera Lazio.
“Io vorrei che i sindaci si presentassero ai processi con la fascia tricolore per dire: noi siamo contro le mafie! Sindaci che non lasciano ambiguità. Certo la legge lo consente, ma io pongo un problema di etica ed opportunità. Questo rischia di influire verso quei cittadini che magari vorrebbero rivolgersi al sindaco per segnalare dei problemi. Il sindaco deve essere il capofila e per questo dopo l’inchiesta di Nerazzini, abbiamo espresso lo sconcerto, proprio per le questioni di opportunità. A me provoca sconcerto che uno dei protagonisti del narcotraffico sia difeso dal sindaco. La politica deve recuperare la propria missione e capacità civile.” ha concluso Cioffredi riscuotendo applausi convinti della platea.
Le parole di Alberto Nerazzini
L’intervento approfondito di Nerazzini ha invece ricostruito la sua esperienza professionale e la genesi dell’inchiesta giornalistica, corredata da fatti oggettivi, riscontrati dagli atti della Magistratura, e dalle testimonianze. Così ha illustrato come la criminalità organizzata sia presente su questo territorio da anni e che qui aveva una base con la presenza dei clan albanesi, con Demce e Rapaj.
Ha raccontato e ricostruito l’omicidio di “Federichetto” di Meo eseguito da Orsini su richiesta di Demce che aveva il ruolo di capo. “Proprio le dichiarazioni di Orsini, che si è pentito, sono molto dettagliate e racconta questo tipo di omicidio perché aveva bisogno di soldi. Con l’ausilio di Carlo Gentile, personaggio molto conosciuto dell’estrema destra romana, legato ai nar.” Racconta Nerazzini.
Della figura di Luca De Angelis del suo giro di usura e spaccio di droga. Dell’omicidio di Di Lauro che è rimasto senza colpevoli. “Questo è un territorio dove la criminalità organizzata è presente e profondamente radicata da anni” ha detto Nerazzini. Spiegando così il motivo del suo interessamento per Velletri ed ha parlato del suo incontro scontro con il sindaco Cascella. “Non c’è nulla e nessun giudizio sul Sindaco e la mia era una domanda sull’opportunità di dover dividere la sua vita professionale, di avvocato difensore di esponenti criminali, da quella di sindaco. Anche perché si è scelto spesso negli anni di difendere clienti accusati di appartenere in maniera più o meno stabile a forme diverse di criminalità organizzata e la mia domanda era schifosamente semplice e legittima, perché io mi troverei in imbarazzo. La risposta del sindaco anche quella è agli atti. Il sindaco conosce bene queste cose, perché ha difeso i Luciani, ha difeso l’unico accusato dell’omicidio de Angelis, il figlio del cavallaro (Claudio Felci ndr) che si tolse la vita accusando De Angelis che gliela aveva rovinata.” Ha aggiunto il giornalista che poi, elogiando il lavoro degli inquirenti, del nucleo investigativo dei carabinieri, ha raccontato come questa faida albanese si è sviluppata. “Raccontiamo di quello che accade a Velletri con le intercettazioni di Demce nella sua villa, della guerra contro Arapj che voleva occupare lo spazio di Demce, insieme alla sua compagna, la velletrana doc Schiavi“, ha aggiunto Nerazzini, soffermandosi poi su come questi sistemi criminali permeano la politica e l’economia di un territorio.
Le parole di Andrea Palladino
Anche l’intervento di Andrea Palladino, veliterno e giornalista d’inchiesta, è risultato interessante, raccontando come alcune inchieste di mafia e n’drangheta partite dalla Procura di Reggio Calabria, sul controllo delle sale giochi arrivasse a Velletri con due sale giochi in orbita n’drangheta. Ha poi posto l’accento su come la politica non debba minimizzare mai questi fenomeni. A tal proposito Palladino, riferendosi al consiglio comunale straordinario che si è svolto a Velletri su questo fenomeno dopo l’inchiesta giornalistica, ha affermato:
“Un esponente della maggioranza ha detto che ci dobbiamo occupare della legalità, ma che quello che la preoccupa non è la droga che passa per la città, ma quella che resta nella città, del consumo, dei nostri giovani. Dicendolo in buona fede”. Ed ha poi aggiunto il giornalista “Ma attenzione che il flusso di narcotraffico che attraversa la città ne cambia la fisionomia e l’economia. Quello che mi ha fatto impressione è il coinvolgimento di velletrani, perché queste sono mafie autoctone. Questa situazione cambia la città e può cambiare l’economia e va contrastata” ha aggiunto Palladino. “Immaginate questo flusso di denaro che attraversata la città, la permea, ne diventa parte integrante. Quando accade ciò? Quando la città non reagisce, quando la politica non reagisce“.
Una iniziativa quindi necessaria per scuotere dal torpore una città che da sempre ha utilizzato il modus operandi vivi e lascia vivere, ma che non può essere usato in queste circostanze. La società civile, con il testa la politica, deve rispondere, come ha detto Cioffredi, delimitando il confine tra la criminalità organizzata e la città sana.