Ormai è una vera e propria emergenza ambientale nel territorio dei Castelli Romani. Quanto sta accadendo ai laghi di Nemi e Castel Gandolfo è a dir poco preoccupante.
Quanto accade nei boschi coi tagli del ceduo, con sentieri distrutti, più alberi abbattuti del dovuto, ippovie realizzate con i soldi pubblici (250 mila euro) sparite sotto i cingolati, lecci tagliati per sbaglio, immondizia abbandonata in ogni dove senza nessun controllo, senza nessuna sorveglianza, anche questo deve far indignare.
I siti archeologici lasciati alla mercé del tempo e dell’incuria, senza nessuna vera valorizzazione storico, culturale ed ambientale.
Basterebbe solo questo per bocciare le amministrazioni comunali dei Castelli Romani.
Ma cosa bisogna fare per salvaguardare questo inestimabile patrimonio? Le cose da fare sarebbero tante, se solo la politica castellana riuscisse a fare rete e mettere al centro della propria azione la difesa del patrimonio ambientale, partendo dall’ascolto di cittadini e associazioni che da anni si dannano l’anima per cercare di salvare il salvabile.
Invece accade che i comuni che risiedono intorno ai laghi di Nemi e di Castel Gandolfo non hanno approfittato dei fondi del PNRR per mettere al centro un progetto di area vasta a difesa dell’ambiente e per il rilancio dei siti archeologici e naturalistici che sono il vero fiore all’occhiello del territorio a sud di Roma.
Il Comune di Albano ha progettato un nuovo acquedotto per attingere l’acqua dal lago di Castel Gandolfo per alimentare le case di Monte Gentile ad Ariccia. Un progetto che prevede l’abbattimento, in area vincolata, di un centinaio di alberi.
Se non fosse tutto vero, parrebbe uno scherzo di cattivo gusto.
E che dire del progetto del Comune di Nemi, che in via dei Corsi, invece dello storico vivaio presente li da 60 anni, vuole metterci un distributore di benzina, su un’area di 6.000 metri quadri, in pieno Parco dei Castelli?
La decisione arriverà nel mese di agosto e si spera che Parco ed altri enti coinvolti, tra cui la Regione Lazio, si oppongano a un’opera che proprio non si concilia con gli interessi generali del territorio.
Quando la politica non ha la visione, i disastri sono dietro l’angolo ed il rischio è che siano irreparabili.
Quando la politica si piega alla logica dell’Acea di turno, del business del turismo dietro la scusa di aiutare l’economia, accade questo. E allora che fare?
Bisogna avere il coraggio di invertire la rotta, di cambiare passo, di rendersi conto che se vogliamo continuare a godere di queste bellezze, dobbiamo prima di tutto investire per preservarle.
Tra Albano, Castel Gandolfo, Genzano e Nemi, sono oltre 30 milioni di euro di investimenti intensivi previsti nei laghi e nei boschi.
Neanche un euro per la loro conservazione. Si sta perdendo una occasione unica per tutto il territorio e siamo vicini alla linea del non ritorno.
E allora perché i comuni dei Castelli non hanno pensato di investire le risorse del PNRR per progetti di salvaguardia ambientale, per il recupero dei canali di convogliamento delle acque nei laghi, progettare nuove modalità di gestione dei tagli silvoculturali?
Perché non hanno pensato di investire soldi coi progetti di PNRR anche di insediamento turistico ricreativo a impatto zero?
Perché i Comuni non si sono consorziati con un progetto di rete per un turismo ecocompatibile che tanto va di moda in altre regioni?
Perché questa miopia? Eppure non bisogna andare troppo lontano per “copiare” bene da altre regioni che, con lungimiranza, hanno investito e stanno ancora investendo tantissimi soldi del PNRR per la salvaguardia e per progetti di valorizzazione ambientale ecocompatibile.
Invece no. Gettiamo il cemento a bordo lago di Nemi, in zona vincolata e non si potrebbe fare. Quel molo andrebbe demolito, invece il Sindaco di Nemi ha tirato dritto e il Parco dei Castelli si è girato dall’altra parte, nonostante l’intervento delle associazioni ambientaliste e i verbali emessi dalle autorità.
Le amministrazioni locali dovrebbero avere uno scatto d’orgoglio e con esse tutti i cittadini che hanno a cuore questo immenso patrimonio.
Solo l’unità di intenti può contribuire a invertire la rotta, prima che sia troppo tardi.
E l’Ente Parco? Davvero faccio fatica a commentare il nulla cosmico di questo Ente che con sudore i cittadini hanno realizzato quarant’anni fa a forza di centinaia di migliaia di firme raccolte.
L’Ente Parco avrebbe dovuto svolgere un ruolo di valorizzazione e di salvaguardia, di coordinamento con i Comuni e anche di controllo.
Oggi questo Parco dei Castelli Romani è diventato una macchietta che non fa neanche ridere. Pare proprio assomigliare sempre di più alla vignetta delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.
Dove sono finite la mission e la vision del Parco? Quali sono i progetti che potevano essere elaborati con il coordinamento dei Comuni per valorizzare il patrimonio boschivo e lacustre?
Cosa si sta facendo per impedire che il cemento coli ancora sule rive dei laghi, che oltre ad essere vincolati, sono addirittura SIC (Siti di Interesse Comunitario) con specifiche tutele, almeno il lago di Albano.
Dobbiamo insieme rivendicare il ruolo centrale del Parco dei Castelli Romani, deve partire dai cittadini, come 40 anni fa, dalla politica che vive questi territori e non può consentire tutto ciò.
L’allarme ambientale ormai riguarda tutti, chi oggi c’è e le future generazioni. È ora che le coscienze civili si coalizzino e trovino nella buona politica il veicolo per il riscatto e il rilancio di questo patrimonio.