Sono stati condannati in primo grado a 6 anni di reclusione ( i PM avevano 4 anni) Valter Lozza e Flaminia Tosini ex dirigente regionale ai rifiuti, per corruzione, turbativa e interdetti dai pubblici uffici con l’interdizione a Valter Lozza a contrattare con la pubblica amministrazione.
Una vicenda che aveva visto i protagonisti finiti agli arresti domiciliari nel 2021 e ora condannati in primo grado a sei anni di reclusione. Oltre alla condanna il Tribunale ha disposto il sequestro di beni per 9.300 mila euro, al pagamento della somma di 29300 euro a favore della Regione Lazio, al pagamento delle spese di 4000 euro alle parti civili.
Le società Mad e Ngr al pagamento di una somma di 30 mila euro e l’interdittiva a contrattare con la pubblica amministrazione.
Ma come si era reso possibile tutto ciò? Come era stato possibile per l’imprenditore ciociaro fare affari con affidamenti diretti e piani dei rifiuti ad hoc? Grazie alla relazione sentimentale con Flaminia Tosini all’epoca dei fatti 52enne legatosi sentimentalmente all’imprenditore all’epoca dei fatti 75enne e con il quale aveva trascorso numerosi momenti di relax e di fugaci incontri d’amore, gite, conditi da regali da migliaia di euro.
In questo contesto la Tosini, come si legge nella sentenza di primo grado, ha favorito Lozza e le sue aziende a scapito di altre, predisponendo atti ad hoc, convincendo dirigenti regionali, assessori, nonostante le perplessità da questi sollevate, a scegliere strade “più veloci” in nome dell’emergenza rifiuti tutti volti a favorire le aziende di Lozza.
Dalla lettura delle 60 pagine di motivazione della sentenza del Tribunale di Roma il rapporto tra i due era “caratterizzato da una profonda contaminazione fra aspetti intimi con quelli professionali del Lozza”.
Una storia d’amore come tante, se non fosse che da questo rapporto, secondo il Tribunale di Roma, sono nati una serie di favoritismi nei confronti di Lozza da parte di chi, durante l’amministrazione Zingaretti, gestiva i rifiuti nel Lazio.
Quello che ha stupito i magistrati è la “disinvoltura con la quale la Tosini gestiva la funzione pubblica, che veniva ispirata alle logiche del profitto del Lozza e volte a massimizzare i risultati per lui ottenibili attraverso la propria posizione”.
Con la consapevolezza di fare tutto al di sopra della legge, tanto da confidare ad una amica, che l’aveva messa in guardia sulle operazioni delle forze dell’ordine, di essere sicura di non essere intercettata.
Al centro dell’inchiesta la realizzazione di una discarica a Roma in zona Monte Carnevale, una autorizzazione non facile da rilasciare per via di diversi ed oggetti problemi per un progetto complessivamente riguardava 1.800.000 metri cubi.
La Tosini pur trovando resistenze anche all’interno del suo Ufficio, da parte del dr. Francesco Olivieri, Dirigente dell’Area VIA della Regione Lazio, riuscì a superarle nel 2019, in piena emergenza rifiuti che per Roma è ormai diventata la normalità, firmando lei stessa l’autorizzazione, sostituendo lo stesso Olivieri che per ragioni d’ufficio era stato sostituito proprio dalla Tosini.
Lo stresso Olivieri ha dichiarato in Tribunale di essersi occupato di un primo procedimento di VIA (attivato nel 2016 e concluso nel 2029) della discarica della NGR che riguardava il trattamento di rifiuti inerti sollevando perplessità sull’iter autorizzativo.
Anche l’assessore dell’epoca, Massimiliano Valeriani fu convinto dalla Tosini ad accelerare alcune procedure, nonostante lo stesso assessore avesse sollevato anche lui delle perplessità circa l’iter che la Tosini voleva eseguire. “In questo modo è più veloce facciamo prima”. Lex assessore, comunque, secondo quanto scritto nelle motivazioni del Tribunale, pur dichiarandosi molto perplesso non fece nulla per fermare la dirigente.
La Tosini, sempre secondo il Tribunale e in virtù del rapporto affettuoso e amoroso con Valter Lozza si prodigò e non poco nell’aiutare Lozza, sempre sulla discarica di Monte Carnevale, per risolvere il problema del parere dell’ENAC, visto che il sito si trovava nelle vicinanze dell’aeroporto di Fiumicino.
Come anche sull’inchiesta denominata “Maschera” sui codici a specchio dei rifiuti. La stessa Tosini, infatti, avrebbe chiesto ad un funzionario della Provincia di Frosinone la sospensiva dell’ordinanza riguardante la discarica di Roccasecca.
Come non è anche mancato il massimo impegno per la questione riguardante il capping di Bracciano e la gestione della discarica in località “Fosso Crepacuore” nel comune di Civitavecchia con Lozza e le sue aziende per così dire protagoniste.
Impegno profuso dall’ex dirigente regionale anche sui maggiori conferimenti nella discarica di Roccasecca e sui problemi ambientali. E proprio su questi punti, Lozza ricevette una perquisizione domiciliare dai Carabinieri del NOE nella sua abitazione, durante la quale lo stesso fu trovato in compagnia di Lucia Agostini, funzionario dell’ARPA Latina, “anch’ella legata sentimentalmente al Lozza.” Come riportato nella sentenza di condanna di 60 pagine del Tribunale di Roma.
Insomma Lozza come un “tombeur de femmes” che agiva non certo senza secondi fini.
Ma le azioni della Tosini, in concorso con Lozza non si limitano solo a queste azioni. Per risolvere le problematiche su Roccasecca tentò di coinvolgere anche l’ex Segretario Generale della Giunta Zingaretti, Andrea Tardiola, chiedendo la revoca di un DPCM del 27 marzo del 2019, del Consiglio dei Ministri relativamente alle altezze della discarica, che su indicazione del Comune era stata fissata a 10 metri, chiedendo fosse la Regione, per il tramite del Presidente di far revocare quel DPCM e di farne formulare un altro portando le altezze massime consentite in discarica da 10 a 16,70 metri.
Come anche indicava all’amato Lozza come agire nei confronti delle associazioni ambientaliste, come riportato dallo stesso Tribunale di Roma “Devi cominciare a rompere i coglioni sennò non si fermano (…) contro il Raggio Verde lo devi proprio fa, anche perché stanno scannati. So che hanno fatto la colletta per far presentare, per pagare il ricorso”. Diceva la Tosini al Lozza in uno dei loro affettuosi incontri.
Pubblicate le motivazioni della sentenza, sicuramente, gli avvocati difensori ricorreranno in appello.