l’internalizzazione ed il marketing strategico potrebbero essere una soluzione per il rilancio
Nonostante i proclami della ripresa economica del Paese, il dato sul 2023 per l’export del vino italiano chiude con un meno dell’1% nei volumi (21,4 milioni di ettolitri) e dello 0,8% nei valori, a poco meno di 7,8 miliardi di euro.
I dati sono forniti dall’Osservatorio Uiv-Ismea su base Istat, e questo è il terzo bilancio annuale in negativo registrato nel nuovo millennio, dopo la crisi economico-finanziaria del 2009 e l’effetto Covid del 2020.
Il dato di quest’anno evidenzia difficoltà determinate non solo da variabili congiunturali, ma anche da fattori di ordine strutturale, che sembrano peraltro accomunare tutti i principali Paesi produttori.
In zona Europa l’Italia conferma la sua leadership nei volumi esportati con la Spagna che scende a poco più di 20 milioni di ettolitri (-4,1%).
Rispetto alla leggera contrazione complessiva, si intensificano le difficoltà di quelle tipologie e aree produttive bandiera del made in Italy enologico. È il caso dei vini fermi a denominazione in bottiglia, con i volumi a -6,2% per le Dop e a -4,3% per le Igp; contrazioni più marcate rispetto alla performance complessiva italiana, ma meno evidenti se rapportate a quelle della Francia, che chiude rispettivamente a -11% e -8%.
In linea con le tendenze mondiali, soffrono soprattutto i rossi, che scendono dell’8% per le Dop e del 6% per gli Igp, una frenata evidenziata anche dal calo delle esportazioni di vini comuni in bottiglia (-9%).
I dati sono negativi anche per quanto riguarda le selezioni regionali: -12,5% (volume) per i rossi Dop veneti, -10,5% per i toscani, -5,5% per i piemontesi.
Sul versante bianchi – i Dop a -4,7% e gli Igp a -1,3% – gli Stati Uniti chiudono a -5%, controbilanciati dal +3% del Regno Unito (dove però fanno malissimo i veneti Dop, a -10%) e dal +2% dei Paesi Bassi.
Stazionaria la Germania, che però nel 2023 ha avuto un forte incremento di vendita di vino sfuso(+12%), la cui incidenza sulla tipologia pesa per quasi 2/3 delle esportazioni.
Per quanto attiene agli spumanti, dopo anni di crescita inarrestabile (+223% dal 2010 a oggi) cedono in volume il 2,3% (-1,7% per il Prosecco), con una crescita nei valori del 3,3% (Prosecco a +5,4%) in un contesto che ha favorito l’ascesa dei prezzi.
Per lo spumante italiano, il 2023 ha visto la caduta in volume nei primi due mercati mondiali (Usa a -12%, Uk a -4,4%), ma una buona crescita nell’Est Europa e un andamento ancora più sostenuto in Francia, con un più 25%.
Un exploit francese dovuto, secondo l’Osservatorio Uiv-Ismea, all’effetto sostituzione dello Champagne con il Prosecco (+21%) dettato dal minor potere di acquisto dei consumatori transalpini e dal prezzo a bottiglia più economico.
La geografia dell’export vede una divaricazione netta tra i risultati ottenuti nell’Ue (+5,6% volume e +4,1% valore) ed extra-Ue (-7,5% volume e -4% valore).
Negativo il bilancio delle esportazioni in Usa, con un tendenziale -9,1%, oltre che in Inghilterra (-1,8%), Svizzera (-3,6%) e Canada (-11,3%). Bene l’export in Francia (+6,7%), a fronte di una forte contrazione nei mercati giapponese (-13,4%) e cinese (-22,3%).
Insomma, una flessione che potrebbe essere riequilibrata, se solo si incentivassero i fondi a disposizione per le operazioni di marketing internazionale.
Le aziende, attraverso i fondi Simest e a società serie di marketing ed internalizzazione, potrebbero farsi conoscere, ma soprattutto aprire nuovi mercati e scambi commerciali, perché in tutto il mondo piace il vino italiano, considerato, fuori dall’Europa, un must.
Stesso discorso dicasi per le aziende vitivinicole del Lazio. Seppur in crescita non hanno ancora la capacità di farsi apprezzare al meglio. Una forte azione coordinata di promozione all’estero potrebbe rappresentare un’opportunità.